Wednesday, March 28, 2007

Ivi

Non so, o meglio non ricordo, se spensi le cinque candeline il 13 di novembre, ma negli occhi ho ancora nitida l'immagine del 26 di quello stesso mese...

E' l'immagine del corpo senza vita di mio padre mentre tentano di strapparmi a lui per adagiarlo dentro la bara...

Come si fa a spiegare a una bimba di 5 anni che la morte è il destino ineluttabile di ciascuno di noi? Non si può, non ci sono parole.Quel giorno qualcosa morì con lui, parte di me lo seguì dentro quella bara. Piansi... gridai... mi disperai per poi cadere dentro il vortice dell'apatia e crearmi un mondo, una piccola isola dove io vivevo nell'attesa del suo ritorno... continuando a piangere...così ... fino a che un giorno, in terza elementare, la maestra Rosa, una donna minuta e di grande sensibilità, nubile e quindi senza figli, non ci fece leggere un racconto...

Parlava di una donna che aveva perso il figlio e che si disperava giorno e notte .

Ed una notte il figlio le apparve in sogno.

Indossava una lunga veste bianca ed era...pregna d'acqua. La madre nel vederlo in quello stato si allarmò e voleva cambiargli la tunica per timore che prendesse freddo e si ammalasse. Lui le rispose dicendole che si... nella piccola bara bianca aveva freddo ma che la sua tunica non si sarebbe mai asciugata fino a che lei avesse continuato a piangere per la sua morte. Da quel giorno la donna smise di piangere...

E da quel giorno anche io, se pur con fatica iniziai a tornare a vivere, a giocare... e quel racconto è rimasto dentro me.

Perché ne parlo adesso? Perché lo racconto? In realtà è qualcosa di cui parlo poco... molto poco perché è così che io reagisco al dolore. Quando la sofferenza è troppo grande, smisurata, che travalica la nostra stessa esistenza, io non riesco a parlarne... lei se ne sta lì...buona... buona... rode... e rode... silenziosa come un tarlo fino a che qualcosa... qualcuno non la risveglia dal suo languore... Così come è successo giorni or sono in occasione della morte di una donna che io non ho conosciuto invero se non attraverso le parole di persone che facevano parte di un gruppo di grafica a cui entrambe aderivamo...lei da molto tempo, io solo da qualche mese. Ivana, questo era il suo nome. La sto conoscendo attraverso le parole ed il dolore delle sue compagne grafiche che le hanno dedicato delle stat pubblicate sul sito di una sua cara amica : http://www.mardukkina.it/IVI/Ivi.asp 

Anch'io ne ho fatta una che spero possa servire a tutti i suoi cari e a chi sta soffrendo per la sua dipartita.

Ed or una piccola riflessione. Consentitemelo.

Tempo fa, parecchio tempo fa. .. agli inizi dei miei passi in questo mare internettiano, qualcuno mi disse che qui su Internet non ci sono persone o sentimenti, ma solo bit...  La cosa mi lasciò perplessa. Non mi sono mai sentita un bit qua dentro. Io sono io...sia dentro che fuori questa macchina. Ditemi, quando guidate l'automobile pensate che voi siate nessuno e affidate il controllo della strada al volante? Io penso di no. E così è il pc... Una macchina che ha sostituito il vecchio servizio postale e le vecchie macchine da scrivere. E non ditemi che quando una volta si spedivano le lettere o si batteva a macchina una missiva non c'era la vostra anima a parlare... Ricordo ancora con dolce nostalgia una cara "amica di penna" dei tempi della giovinezza. Si chiamava Manuela ed abitava al nord, in un paese al confine con la Svizzera... Persi i contatti con lei, come ogni cosa nella vita, così... senza un perché. Succede quando si è giovani e c'è un mondo fuori che aspetta di essere esplorato... Ecco, così come crebbe quella amicizia, crescono e si consolidano sul web legami...affetti... che divengono maggiori perché nessuno ti impone il loro legame. Come avviene in molti GdR ad esempio, so che sono nati anche molti matrimoni dentro quelle chat virtuali... Si sono saldati legami e si sono anche creati le più feroci rivalità e consumati inganni...

Alla luce di tutto questo e leggendo le numerose manifestazioni di affetto per IVI...c'è ancora qualcuno che ha la spudoratezza di dire che siamo solo dei BIT qua dentro?

Tuesday, March 27, 2007

Il mare. Liliana. Una bimba

-



- Che ci farà mai una bimba tutta sola qui, sulla spiaggia, a quest’ora? – Si chiese perplessa Liliana mentre in quel tardo pomeriggio di un tempo primaverile percorreva, in compagnia del suo cane, la battigia. La tempesta della notte che aveva fatto ingrossare il mare era scomparsa all’improvviso, come all’improvviso era arrivata, lasciando nella risacca detriti sparsi un po’ ovunque. Qualche scarpa che aveva conosciuto tempi migliori, bottiglie di plastica annerite dal catrame scaricato dalle petroliere, vecchi tronchi sradicati chissà dove. C’era di tutto, sembrava di trovarsi a Portobello Road, sorrise all’associazione che inconsciamente le era venuta in mente.
- “Sarebbe più giusto dire al mercatino delle pulci rionale” - bisbigliò piano guardando con profonda tristezza la spiaggia simile a una discarica . La mente procedeva per associazione di idee e davanti agli occhi le tornarono le immagini di quella stessa spiaggia tanti anni fa. Era nata e cresciuta in quel posto e pur vivendo ormai lontana da lì vi ritornava sovente nei fine settimana. Si chiudeva alle spalle la porta dell’appartamento in città e percorreva chilometri di autostrada mentre assaporava già il sapore della salsedine.
Lei e il mare, binomio inscindibile, unione forte e solida.
- “Più del mio matrimonio” . - Continuava a rispondere ai suoi pensieri in quel dialogo muto fatto di ricordi.
Lo amava di un sentimento forte e viscerale.
Si sentiva tutt’uno con esso.
Respirò profondamente mentre le si gonfiava il petto e l’odore salmastro le penetrava nei polmoni. Riportò lo sguardo sulla piccola figura che si era alzata e aveva iniziato a lanciare delle pietre sulla superficie acquea. Sorrise a quella vista. Pur nell’epoca dell’elettronica, del computerizzato, delle PS e dei videogame i bambini continuavano a divertirsi con quel gioco. Si avvicinò con calma mentre si chinava e con l’occhio esperto individuava una pietra piatta e ovale…la fece saltellare sulla mano per saggiarne la pesantezza quindi flettendo di quarantacinque gradi il busto verso destra portò il braccio all’indietro per spingerlo poi con forza in avanti. La pietra scalfì la superficie “1…2…3”… iniziò a contare i rimbalzi che il sasso faceva a fior d’acqua. Il cane sorpreso da quel gesto tentò di lanciarsi in acqua ad afferrare il sasso ma l’arrivo di una leggere onda lo fece retrocedere dal suo intento. Anche la bimba scorgendola si fermò e, nel seguire il movimento della pietra, con voce dolce e bassa disse:

- Siete proprio brava! Io riesco appena a fare solamente cinque "gradini"… non di più. -

Stettero lì, donna e bambina, a seguire i movimenti del sasso che al tredicesimo rimbalzo andò a cercare il fondale.
- Beh… anch’io alla tua età riuscivo a farne solo 4… o 5…- le rispose quindi sorridendole, mentre il cane, che fattosi coraggio aveva iniziato ad andare avanti e indietro rincorrendo le onde, si era avvicinato e si asciugava il muso sulla gamba destra della bimba la quale, istintivamente, sollevò la mano carezzandolo sulla testa, dimostrando così di non avere nessuna paura per un animale estraneo.

- “Questa è la bellezza dell’infanzia, essere aperti a tutto ed a tutti" - sorrise al suo pensiero mentre osservava con curiosità la piccola. - Quanti anni aveva, sei…sette? -

Era minuta e indossava dei jeans larghi e lunghi che coprivano un paio di scarpe da basket bianche e rosa, un leggero k-wei azzurro aperto sul davanti lasciava intravedere una felpa rosa come le scarpe con una scritta, in inglese probabilmente. Tentò di capire cosa diceva ma vi rinunciò contentandosi solo di due lettere… Y…K…troppo poco per capire cosa c’era scritto. Questa era un’altra delle sue manie.
Non riusciva a rimanere insensibile davanti a nessuna scritta. Fosse questa l’insegna del bar o della pubblicità sui cartelloni. Adorava le parole, o meglio la parola. Quel segno grafico che unito ad altri dava un senso alle cose ed ai pensieri. Tornò a guardare il mare e lo sguardo si perse in lontananza su una barca a vela che dolcemente segnava il confine tra l’ aria e l’acqua…
La piccola aveva iniziato a giocare con il cane che, contento per aver trovato qualcuno che gli prestava attenzione, correva avanti e indietro quasi ad invitar la bimba a cimentarsi in una gara di corsa.
In quel linguaggio muto fatto solo di istinti naturali si era stabilita tra i due una sorta di complicità. La piccola rispondendo alle sollecitazioni dell’animale iniziò a correre, i lunghi e soffici capelli ondulati scomposti dalla leggera brezza che spirava dal mare le finivano sugli occhi ma lei sembrava non avvedersene mentre ormai aveva iniziato ad avere il fiatone… Li osservò per un po’ quindi tornò a perdersi dietro i suoi pensieri.
Il cruccio più grande era dovuto a quel senso di vuoto che sentiva dentro e di cui non riusciva a individuarne l’origine… la ragione…

-“Se solo ci fosse qualcuno vicino a me ad aiutarmi a capire!” -
La bambina stanca di quella corsa fuori programma si gettò di botto sulla sabbia vicino a lei. Rideva e implorava il cane:
-Basta..basta… non ce la faccio più.
Scossa dalle risate Liliana richiamò presso di sé l’animale che ubbidiente si accucciò ai piedi della padrona probabilmente stanco anche lui. La piccola intanto si era messa seduta e tentava di risistemarsi i capelli liberando i grandi occhi color nocciola tra le cui ciglia era rimasta intrappolata qualche ciocca…
- Non sapevo che fosse così bello avere un cane! – disse rivolgendosi a Liliana – Io ne vorrei uno ma mia madre dice che i cani sono peggio dei bimbi e che lei non avrebbe tempoper prendersi cura anche di un animale. Sa, lavora e poi deve anche occuparsi di me - aggiunse tutto d’un fiato e con voce fioca come a voler giustificare la madre.
Liliana si avvicinò e sedendosi accanto alla bimba rispose:

- Anch’io da piccola desideravo un cane e, non ci crederai, anche a me diedero le stesse spiegazioni… in realtà è proprio così. I cani sono come i bambini. Richiedono le stesse cure e le medesime attenzioni di un figlio.
Le sorrise carezzandole lievemente i capelli e aiutandola a risistemarsi la ciocca ribelle. La bambina arrossì a quel gesto inaspettato e confidenziale e abbassò lo sguardo sulla punta delle sue scarpe.
- E voi avete figli?- Chiese a bruciapelo riportando lo sguardo sulla donna.
Un attimo, solo un nano secondo e la gola le si strinse. Tentò di deglutire ma non riusciva a parlare. “Capacità sorprendente dei bambini di fare le domande più importanti con un candore e una schiettezza disarmante!” Scosse la testa in segno di diniego. Inspirò profondamente e finalmente riuscì a proferire:

-Mi sarebbe piaciuto poterne avere uno ma qualcuno ha deciso diversamente per me. -“E forse anche per questo che il dialogo con mio marito si è estinto”… Continuò dentro di sé il pensiero.
- Io sono figlia unica. Sa, mio padre è andato via un po’ di tempo fa, io ero ancora piccola…così - e nel parlare sollevò la mano a trenta centimetri da terra… - non lo ricordo, ma mamma dice sempre che era un uomo bellissimo e molto buono e che mi voleva molto bene. Io guardo sempre le sue foto ma solo di nascosto di mamma perché altrimenti lei diventa triste .
- E dove è andato?-chiese Liliana.
Le parole della bambina avevano ravvivato la sua attenzione.
- Lì! – indicò con l’indice della mano destra l’orizzonte mentre, senza che la donna e la bambina se ne fossero accorte, una figura era comparsa vicino a loro.
Una donna, con gli stessi occhi e gli identici capelli della bimba, figura minuta e sguardo triste, che dopo aver salutato Liliana, con tono severo e fermo si rivolse alla figlia.
- Jessy quante volte ti ho detto che non devi venire da sola sulla spiaggia? Lo sai che può essere pericoloso! Le chiedo scusa– continuò poi rivolgendosi a Liliana – non è per lei ma con quello che si sente di questi tempi!
Liliana assentì ma non pronunciò parola. Non reputava giusto intromettersi in quel dialogo tra madre e figlia. La piccola, il volto imporporato da un leggero rossore, con voce flebile, sollevandosi da terra e puntando il suo sguardo sul volto della madre, rispose:

- Lo so mamma non punirmi… ma facendo così penso che papà, sapendo che io sto qui ad aspettarlo, si deciderà a tornare a casa… lo sai quanto ci manca! - Rimarcando la voce su quel “ci”.
Gli occhi della donna si riempirono di lacrime e, afferrando la testa della figlia se la strinse sull’addome. Poi con voce rotta da un emozione che non riusciva a contenere tentò di spiegare a Liliana:
- Mio marito era un appassionato velista è… scomparso tre anni fa, ingoiato dall’Oceano mentre tentava una traversata. Il suo corpo non è stato più ritrovato, per questo motivo, la speranza che possa tornare un giorno o l’altro non ci ha ancora abbandonato.
Col palmo della mano si asciugò gli occhi quindi rivolgendosi alla figlia con tono dolce:

-Su andiamo a casa è quasi ora di cena…buonasera e…le chiedo scusa …-

Sembrava non essere intenzionata a proseguire quel discorso, almeno non in quel momento. Liliana la osservò in silenzio mentre sussurrava un impacciato: Capisco!... una buona serata a voi.
Madre e figlia si allontanarono mestamente mano nella mano. Liliana li seguì mentre rispondeva con un cenno della mano alla bimba che si era girata e ancor la salutava agitando la manina.
Il cane andò dietro a loro per un po’ poi, come ubbidendo a un muto richiamo, tornò accanto alla padrona e si acquattò vicino a lei che aveva riportato lo sguardo su quella immensa distesa di acqua.

Si alzò. Scuotendosi i jeans, per liberarli dalla sabbia che si era attaccata come a voler scacciare, con quel gesto, anche le immagini che or le balenavano davanti agli occhi. Riprese il cammino verso casa.



Monday, March 26, 2007

Figlio... ricorda




Vivevi in me,


Con me respiravi.


La mia aria era la tua aria


il tuo battito all’unisono


col mio ritmava il tempo ...


Di me ti cibavi


crescevi e ti fortificavi...


Scalciavi , giocavi, dormivi,


dentro me...


ed io ti coccolavo...


ti cullavo...ti parlavo...


Di quel linguaggio muto


che va da cuore a cuore


e che solo tu udivi...


Figlio, strappato alle mie


Viscere dalla vita stessa


che ne reclamava la nascita...


Ricordati…




quando perfin dalla terra


il mio nome verrà cancellato


e il mio corpo alla polvere


sarà tornato,


ricorda che,


non esisterà forbice che


possa tranciare l’amore


che mi lega a te...


Carne della mia carne...


Meravigliosa Essenza divina


cresciuta dentro me...

Thursday, March 22, 2007

Adrian e l'arte del bianco e nero

Oggi nel mio post un ospite insolito...un fotografo. Anch'esso scoperto durante la mia solitaria navigazione ...


 



Lo segnalo perché il suo modo di guardare attraverso l'obiettivo il corpo femminile è oltremodo intrigante e seducente...


Per maggiori ragguagli ecco il suo link:


http://www.adrian.bookfoto.com


 

Sunday, March 18, 2007

Il mare. Liliana. Una bimba

Che ci farà mai una bimba tutta sola qui, sulla spiaggia, a quest’ora? – Si chiese perplessa Liliana mentre in quel tardo pomeriggio di un tempo primaverile percorreva, in compagnia del suo cane, la battigia. La tempesta della notte che aveva fatto ingrossare il mare era scomparsa all’improvviso, come all’improvviso era arrivata, lasciando nella risacca detriti sparsi un po’ ovunque. Qualche scarpa che aveva conosciuto tempi migliori, bottiglie di plastica annerite dal catrame scaricato dalle petroliere, vecchi tronchi sradicati chissà dove. C’era di tutto, sembrava di trovarsi a Portobello Road, sorrise all’associazione che inconsciamente le era venuta in mente.

Sarebbe più giusto dire al mercatino delle pulci rionale” bisbigliò piano guardando con profonda tristezza la spiaggia simile a una discarica . La mente procedeva per associazione di idee e davanti agli occhi le tornarono le immagini di quella stessa spiaggia tanti anni fa. Era nata e cresciuta in quel posto e pur vivendo ormai lontana da lì vi ritornava sovente nei fine settimana. Si chiudeva alle spalle la porta dell’appartamento in città e percorreva chilometri di autostrada mentre assaporava già il sapore della salsedine.

Lei e il mare, binomio inscindibile, unione forte e solida.

Più del mio matrimonio” . Continuava a rispondere ai suoi pensieri in quel dialogo muto fatto di ricordi.

Lo amava di un sentimento forte e viscerale.

Si sentiva tutt’uno con esso.

Respirò profondamente mentre le si gonfiava il petto e l’odore salmastro le penetrava nei polmoni. Riportò lo sguardo sulla piccola figura che si era alzata e aveva iniziato a lanciare delle pietre sulla superficie acquea. Sorrise a quella vista. Pur nell’epoca dell’elettronica, del computerizzato, delle PS e dei videogame i bambini continuavano a divertirsi con quel gioco. Si avvicinò con calma mentre si chinava e con l’occhio esperto individuava una pietra piatta e ovale…la fece saltellare sulla mano per saggiarne la pesantezza quindi flettendo di quarantacinque gradi il busto verso destra portò il braccio all’indietro per spingerlo poi con forza in avanti. La pietra scalfì la superficie “1…2…3”… iniziò a contare i rimbalzi che il sasso faceva a fior d’acqua. Il cane sorpreso da quel gesto tentò di lanciarsi in acqua ad afferrare il sasso ma l’arrivo di una leggere onda lo fece retrocedere dal suo intento. Anche la bimba scorgendola si fermò e, nel seguire il movimento della pietra, con voce dolce e bassa disse: < Siete proprio brava! Io riesco appena a fare solamente cinque "gradini"… non di più>. Stettero lì, donna e bambina, a seguire i movimenti del sasso che al tredicesimo rimbalzo andò  a cercare il fondale.

- Beh… anch’io alla tua età riuscivo a farne solo 4… o 5…- le rispose quindi sorridendole, mentre il cane, che fattosi coraggio aveva iniziato ad andare  avanti e indietro rincorrendo le onde, si era avvicinato e si asciugava il muso sulla gamba destra della bimba la quale, istintivamente,  sollevò la mano carezzandolo sulla testa, dimostrando così di non avere nessuna paura per un animale estraneo. “Questa è la bellezza dell’infanzia, essere aperti a tutto ed a tutti”… Sorrise al suo pensiero mentre osservava con curiosità la piccola.

Quanti anni aveva, sei…sette? Era minuta e indossava dei jeans larghi e lunghi che  coprivano un paio di scarpe da basket bianche e rosa, un leggero k-wei azzurro aperto sul davanti lasciava intravedere una felpa rosa come le scarpe con una scritta, in inglese probabilmente. Tentò di capire cosa diceva ma vi rinunciò contentandosi solo di due lettere… Y…K…troppo poco per capire cosa c’era scritto. Questa era un’altra delle sue manie.

Non riusciva a rimanere insensibile davanti a nessuna scritta. Fosse questa l’insegna del bar o della pubblicità sui cartelloni. Adorava le parole, o meglio la parola. Quel segno grafico che unito ad altri dava un senso alle cose ed ai pensieri. Tornò a guardare il mare e lo sguardo si perse in lontananza su una barca a vela che dolcemente segnava il confine tra l’ aria e l’acqua…

La piccola aveva iniziato a giocare con il cane che, contento per aver trovato qualcuno che gli prestava attenzione, correva avanti e indietro quasi ad invitar la bimba a cimentarsi in una gara di corsa.

In quel linguaggio muto fatto solo di istinti naturali si era stabilita tra i due una sorta di complicità. La piccola rispondendo alle sollecitazioni dell’animale iniziò a correre, i lunghi e soffici capelli ondulati scomposti dalla leggera brezza che spirava dal mare le finivano sugli occhi ma lei sembrava non avvedersene mentre ormai aveva iniziato ad avere il fiatone… Li osservò per un po’ quindi tornò a perdersi dietro i suoi pensieri.

Il cruccio più grande era dovuto a quel senso di vuoto che sentiva dentro e di cui non riusciva a individuarne l’origine… la ragione… “Se solo ci fosse qualcuno vicino a me ad aiutarmi a capire!”

La bambina stanca di quella corsa fuori programma si gettò di botto sulla sabbia vicino a lei. Rideva e implorava il cane:

< Basta..basta… non ce la faccio più>.

Scossa dalle risate Liliana richiamò presso di sé l’animale che ubbidiente si accucciò ai piedi della padrona probabilmente stanco anche lui. La piccola intanto si era messa seduta e tentava di risistemarsi i capelli liberando i grandi occhi color nocciola tra le cui ciglia era rimasta intrappolata qualche ciocca…

<Non sapevo che fosse così bello avere un cane! – disse rivolgendosi a Liliana – Io ne  vorrei uno ma mia madre dice che i cani sono peggio dei bimbi e che lei non avrebbe tempoper prendersi cura anche di un animale. Sa, lavora e poi deve anche occuparsi di me > aggiunse  tutto d’un fiato e con voce fioca come a voler giustificare la madre.

Liliana si avvicinò e sedendosi accanto alla bimba rispose: <Anch’io da piccola desideravo un cane e, non ci crederai, anche a me diedero le stesse spiegazioni… in realtà è proprio così. I cani sono come i bambini. Richiedono le stesse cure e le medesime attenzioni di un figlio>.

Le sorrise carezzandole lievemente i capelli e aiutandola a risistemarsi la ciocca ribelle. La bambina arrossì a quel gesto inaspettato e confidenziale e abbassò lo sguardo sulla punta delle sue scarpe.

<E voi avete figli?>. Chiese a bruciapelo riportando lo sguardo sulla donna.

Un attimo, solo un nano secondo e la gola le si strinse. Tentò di deglutire ma non riusciva a parlare. “Capacità sorprendente dei bambini di fare le domande più importanti con un candore e una schiettezza disarmante!” Scosse la testa in segno di diniego. Inspirò profondamente e finalmente riuscì a proferire: <Mi sarebbe piaciuto poterne avere uno ma qualcuno ha deciso diversamente per me>. “E forse anche per questo che il dialogo con mio marito si è estinto”… Continuò dentro di sé il pensiero.

<Io sono figlia unica. Sa, mio padre è andato via un po’ di tempo fa, io ero ancora piccola…così>  e nel parlare sollevò la mano a trenta centimetri da terra… < non lo ricordo, ma mamma dice sempre che era un uomo bellissimo e molto buono e che mi voleva molto bene. Io guardo sempre le sue foto ma solo di nascosto di mamma perché altrimenti lei diventa triste >.

E dove è andato?-chiese Liliana.

Le parole della bambina avevano ravvivato la sua attenzione.

Lì! – indicò con l’indice della mano destra l’orizzonte mentre, senza che la donna e la bambina se ne fossero accorte, una figura era comparsa vicino a loro.

Una donna, con gli stessi occhi e gli identici capelli della bimba, figura minuta e sguardo triste, che dopo aver salutato Liliana, con tono severo e fermo si rivolse alla figlia.

 <Jessy quante volte ti ho detto che non devi venire da sola sulla spiaggia? Lo sai che può essere pericoloso! Le chiedo scusa– continuò poi rivolgendosi a Liliana – non è per lei ma con quello che si sente di questi tempi!>

Liliana assentì ma non pronunciò parola. Non reputava giusto intromettersi in quel dialogo tra madre e figlia. La piccola, il volto imporporato da un leggero rossore, con voce flebile, sollevandosi da terra e puntando il suo sguardo sul volto della madre, rispose: <Lo so mamma non punirmi… ma facendo così penso che papà, sapendo che io sto qui ad aspettarlo, si deciderà a tornare a casa… lo sai quanto ci manca!> - Rimarcando la voce su quel “ci”.

Gli occhi della donna si riempirono di lacrime e, afferrando la testa della figlia se la strinse sull’addome. Poi con voce rotta da un emozione che non riusciva a contenere tentò di spiegare a Liliana:

<Mio marito era un appassionato velista è… scomparso tre anni fa, ingoiato dall’Oceano mentre tentava una traversata. Il suo corpo non è stato più ritrovato, per questo motivo, la speranza che possa tornare un giorno o l’altro non ci ha ancora abbandonato>.

Col palmo della mano si asciugò gli occhi quindi rivolgendosi alla figlia con tono dolce:< Su andiamo a casa è quasi ora di cena…buonasera e…le chiedo scusa …>. Sembrava non essere intenzionata a proseguire quel discorso, almeno non in quel momento. Liliana la osservò in silenzio mentre sussurrava un impacciato…<Capisco!... una buona serata a voi…>.

Madre e figlia si allontanarono mestamente mano nella mano. Liliana li seguì mentre rispondeva con un cenno della mano alla bimba che si era girata e ancor la salutava agitando la manina.

Il cane andò dietro a loro per un po’ poi, come ubbidendo a un muto richiamo, tornò accanto alla padrona e si acquattò vicino a lei che aveva riportato lo sguardo su quella immensa distesa di acqua.

“Il mare prende, il mare dà. Restituisce sempre quel che prende e la conferma a questo erano tutti i detriti che c’erano attorno a lei… Perché non aveva ancora restituito quel corpo?” Rabbrividì mentre un pensiero le attraversò la mente…”Gli squali… erano stati loro a dar sepoltura alla salma?”

 

Si alzò.

Scuotendosi i jeans, per liberarli dalla sabbia che si era attaccata, riprese il cammino verso casa. La tristezza che all’improvviso l’aveva assalita le aveva fatto perdere la gioia serena della passeggiata.

Il suo dolore, i suoi problemi, le sembrarono all’improvviso irrisori, davanti a quel dolore immenso che aveva percepito…

Non ci sono parole né ragionamenti che possano lenire il dolore provocato dall’ineluttabilità della morte.

Friday, March 16, 2007

19 Marzo


Non uso più le mani per

contar i giorni...divenuti

anni...

Ormai è un calcolo che

tengo bene a mente...

Anno dopo anno...

Si festeggiava ai tuoi tempi

questa festa?

Credo di no...altrimenti

me ne sarei ricordata...

Anch'essa archiviata nella

mia memoria...insieme

a immagini...cartoline

sbiadite dal Tempo...

Poche invero...

come pochi son gli anni

che il Destino ci ha

concesso di vivere insieme.

Sempre pochi per un

cuore di figlia che

non ha smesso mai

di amare un Padre

il cui volto ormai non

è nemmeno più un ricordo.

Guardo le tue foto

ma non c'è vita in quegli

occhi fermi nell'obiettivo...

Rivoglio la tua Vita...

Morte restituiscimi mio

Padre!

Wednesday, March 14, 2007

Storia... storia... storielle

immagine


Questa è una storia iniziata così per caso…


Una di quelle banalissime e normalissime storie fatta di piccoli episodi quotidiani.


Di una banalità sconcertante…ovvia…desueta…ma pur sempre…storia.


Essì, come ebbe a dir qualcuno di mia conoscenza…c’è Storia…e… storia e ci son poi le...storielle.


C’è la Storia [con la S maiuscola] narrata da chi ha estro…creatività…e talento.


Poi ci sono le storie [ con la esse minuscola]… di quelli che sentono rodersi dentro un pensiero… una frase… un gesto e che cercano il modo su come liberarsene.


Sono storie normali, di vita normale. Di gente che non si pone il problema dell’esistenza… della ragion di Stato o della Ragion Sociale…


Gente come me, voi, che si racconta nelle righe sfocate di una vecchia rubrica scaduta… con la labile speranza di trovar un rimedio al suo tormento.


E ci son le storielle.


Quelle, per intenderci, scambiate davanti alla porta di casa…sul pianerottolo, con il nostro dirimpettaio mentre frughiamo nella borsa in cerca delle chiavi che quando ti servono non trovi mai.


Ed è a causa di una storiella di queste che tutto ebbe inizio…o segnò la fine?


Di cosa direte voi… Forse di un qualcosa che non ha mai avuto un inizio.


Ma allora se non c’è stato inizio…è del tutto inconcludente parlar di fine…non credete?


Tutto ha un inizio e una fine…la Vita… ha un inizio e una fine…


Il giorno… e così pure la notte…


L’amore, quello tra due persone, nasce e pure lui muore….


Ogni cosa che ci circonda, purché composta di particelle di atomi e di cellule ha un principio e una fine…


Un bravo alchimista sa che “niente si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”…


E così è…


Si passa dallo stadio neonatale alla vecchiaia in una continua metamorfosi di forme cellulari…


Dalla cenere prendono vita nuovi batteri unicellulari che daranno vita ad altri pluricellulari… e così si mantiene la catena alimentare…


Dall’amore è facile passare all’odio…anzi si dice che più si è amato e più si odierà l’oggetto del nostro defunto amore…


La cosa peggiore , come ebbi sempre a leggere, è arrivare all’indifferenza… in quanto essa è la mancanza assoluta di emozioni.


Ma la mia storia [con la esse minuscola] parla solo di una amicizia finita. Ad una certa età una dovrebbe abituarsi a perdere e… trovare… amici… Si, perché ci sono gli amici, quelli con cui scambi quattro chiacchiere al bar o durante la pausa pranzo e che poi pur se non li incontri più nulla succede. E ci sono gli altri, quelli che ti trovi sempre al fianco. Anche se a volte passano mesi e mesi prima di aver loro notizie, eppure sai che se ne hai bisogno sono subito accanto a te a sostenerti ed a darti tutto il loro appoggio e la loro comprensione con la loro grande capacità di amore.


Ecco questa è la storia di come può facilmente perdersi una amicizia che non conosce la differenza tra Storia e...storia…e non conosce neanche le... storielle…


A emmegì… e che tu lo voglia o no… la fiaba finisce qui…


Salva

Sunday, March 11, 2007

Conoscere, comprendere, capire


Conoscere vorrei


l'origine di quest'ansia


che all'improvviso mi coglie


sorprendendomi.


Comprendere vorrei


l'incommensurata tristezza


che come nebbia aleggia


sulla mia anima.


Capire vorrei perché


ricuso oggi i tuoi baci


e le tue carezze che sol


ieri l'altro ci proiettavano


in paradiso.


In quelle terre lì dove


unico abitante è l'Amore


e noi eravamo dei.


Chi mi ha esilitato?


Chi ci ha esiliati


rendendoci estranei


a noi stessi?


Squarcio la mia carne,


dilanio il mio cuore e


mi avvedo che non scorre


più sangue in me.


Come cera mi sciolgo


espandendomi sul


letto dell'indifferenza.


Monday, March 05, 2007

Peter Callesen

Amo l'arte.


Amo il genio.


Amo la creatività.


E grazie a questo mare  ho la possibilità di andare anche in posti lontani.


In paesi in cui non potrei nemmeno poterci metter piede per svariati motivi.


E' per questo che adoro sempre più questo mezzo di comunicazione che ha esteso la mia esigua possibilità di viaggiare facendomi andare lontano ad incontrare davvero dei geni come questo autore che realizza dei veri capolavori usando solo il cutter su un foglio A4...che dire se non...andate a trovarlo?


A lui l'onore di occupare oggi la mia pagina...


 



"Peter Callesen"


- Looking back, 2006 -


Acid free A4 115 gsm paper and glue

Anima di cristallo


Sfumano celeri

Arcobaleni di giorni.

 

Rapidi svaniscono e si

disperdono i ricordi.

 

Labbra dischiuse

a imbersi di parole…

bugiarde.

 

Satura l’anima di

false promesse, illusorie

speranze senza domani.

 

Su letto disfatto langue

il mio corpo svilito da

effimero piacere.

 

Bramoso  d’ acqua che

disseti il  terreno reso

arido dalla dea Morte.

 

Misconoscendo ai sogni

il diritto all’esistere

Intrappolandoli nel cinismo

spietato della ragione

 

Stringo tra le mani

la chiave dello scrigno


che custodisce la mia

 anima di fragile cristallo

Sunday, March 04, 2007

Segnalazione

La tua opera nell’Antologia del Concorso di Emozioni!


Manuale di Mari in Concorso di Emozioni, 2007, Concorso di Emozioni — 1 Marzo 2007 @ 22:23


Bozza della copertinaLa grande avventura del Concorso di Emozioni è prossima al traguardo.


Le tue emozioni d’amore, espresse in poesia o in prosa, possono essere pubblicate nell’Antologia del Concorso di Emozioni creata dal Blog Manuale di Mari! La tua opera sarà stampata in un libro vero, pubblicato dall’editore Kimerik con tutti i crismi dell’editoria tradizionale ed ufficiale! Un volume che sarà presentato alla prossima Fiera Internazionale del Libro di Torino (maggio 2007) e che avrà le seguenti caratteristiche:


- Copertina a colori; - Carta avorio 100 grammi; - Rilegatura a filo; - Formato 14X21; - Prezzo di copertina: Euro 12,00 (dodici/00); - Codice ISBN; - Codice a barre rilasciato dall’AIE (Ass. Italiana Editori); - Bollini SIAE.


Il libro sarà inserito in tutti i cataloghi e sarà registrato presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, sarà in vendita on line dal mese di maggio e avrà la prefazione di Nicla Morletti, scrittrice ideatrice del famoso Premio Letterario Internazionale "Il Molinello".


Cosa devi fare per partecipare a questa fantastica Iniziativa? Preleva la Guida Informativa del Concorso di Emozioni oppure segui questo link.


Però affrettati! Se vuoi che la tua opera sia inserita nell’Antologia in via di pubblicazione, devi inviarcela entro il 10 marzo 2007. Siccome mancano pochi giorni alla scadenza, ti invitiamo a inviarci l’opera esclusivamente via mail (l’email è indicata nella guida e nel sito già segnalati). Subito dopo, riceverai la dichiarazione da inviare all’Editore per autorizzarlo a stampare la tua opera nell’Antologia del Concorso di Emozioni.


Anche se non puoi partecipare con una tua opera, diventa Blog Promotore del Concorso di Emozioni! Potrai postare nel Blog di supporto del Concorso: www.concorsodiemozioni.splinder.com  e far conoscere a tutti altre iniziative culturali e letterarie.


 


Io l'ho già fatto...e spero di prendere parte all'iniziativa... chi vuol seguirmi?


Thursday, March 01, 2007

Incompleta


 


in...attesa...

Frantumazione


Esplode anima in questo fragile petto.

Schegge frantumate, in alto scagliate,

rompono lo spazio e, come farfalle,

lievemente si dissolvono risucchiati

dalla luce dell'astro nascente.

Scintillano riverberi di lacrime...dolci...

Assetato desio cerca spazi ...lontani.

Tripudio di immagini ... suoni ....odori

squarcia il silenzio di un Mondo

altrimenti divenuto...sterile.



Epicentro dell'Anima genera calore

al sussurrar di un solo nome...

"AMORE"