Sicilia, mia nutrice,
che di fragrante pane e di
vetusta cultura mi hai cibato
quando ancor Etna col suo
romboante fuoco i miei inverni
scaldava ed il sol di Trinacria
le mie ossa fortificava, a te
faccio ritorno!
Torno e i sensi smarrisco
in un tripudio di profumi ed aromi
che inebriano gli ignari che
sulle tue sponde approdono.
Gelsomini e zagara in un
connubio antico con vaniglia
e spezie orientali si disperdon
nell'aria già pregna di salmastro.
Respiro a fondo e, da
questa peloritana sella,
lo sguardo mio si perde
dall'antro di Eolo alla
fucina di Vulcano. E mi
sovvien di Ulisse, delle sue
eroiche imprese, della sua
sorte avversa e del suo
ritorno a casa dove non invan
l'attendeva Amor.
Di fronte Scilla e Cariddi
emergendo dal mare,
mi ammaliano e seducono.
Gli occhi si colmano d'Infinito.
Il cuore si dilata nell'Immenso.
Sulle labbra il respir si tramuta
in voce e grida: Sicilia, io ti amo!