Friday, January 25, 2008

Si alzi il sipario


Venghino lor signori,
si faccino avanti,
alziamo il sipario,
che la platea è piena
e ci mancano gli attori.
Chi si fa avanti?
Abbiamo la parte del
capo di governo e
quella dei suoi lecchini
che devono ora essere
assegnati. Mi chiedete il

titolo?. Bellissimo:"Le

gouvernement est tombé".
Allora chi si offre volontario?
Garantiamo lauti guadagni
e poi una bella indennità
governativa. Una buona
rendita che vi assicurerà
una lussuosa vecchiaia
e  da mangiare a sbafo
ed a volontà. Iniziate ad
aprire le tasche e, se ce la
fate, portatevi dietro la famiglia
che da mangiare c'è in
abbondanza alla faccia
del popolo cretino
che abbasserà la testa
al prossimo governante.
Tanto, ormai dovremmo
aver capito che, chi si
accinge a governare,
penserà solo al suo profitto.
Ma non c'è nessuno fra
di voi che si presta come
volontario e senza chiedere
ricompensa alcuna?
Solo a lui sarà assegnata
la palma d'oro della Storia.

Thursday, January 24, 2008

Quel vuoto che sento


[my graphic]



Con ritmo ossessivo-compulsivo.


io apro e chiudo usci col solo


desiderio di colmare spazi


ampi,


vuoti di


assenza.


Solo un vento gelido invade


la stanza e in eccitante danza


s’annoda, s’avvinghia, ed io muoio


dentro


ancora


un poco.


 

Monday, January 21, 2008

In cerca degli alisei

Solo silenzio


al calare della sera


mentre navigo


in un mare piatto,


specchio di illusorie immagini.



Seguo la mia rotta.



Lo sguardo all'orizzonte


fisso le colonne d’Ercole


dove, alfine, giungerò


e, spiegando le ali,


le attraverserò.



In cerca degli Alisei.

Thursday, January 17, 2008

Noi belli e maledetti



 


Taciamo


per non offendere


Insonorizziamo il cuore


spaventati noi stessi di


ciò che potremmo udire



Sopportiamo 


convinti che la miglior


parola è il silenzio.


Imbavagliamo


l’anima



Iberniamo


il pensiero



Ingoiamo


sogni e desideri


facendone indigestione


e  questo solo


per non ferire.

Tuesday, January 15, 2008

Senza radici

 




 



Non come la canna


Su cui il vento soffia invano


Eppure sempre lì rimane


Né come l’edera che dove


s’ attacca muore


Io vivo randagia


e non metto radici


Mio è il mondo


Eppure nulla possiedo.


Spoglia di tutto


Nulla chiedo.


 

Sunday, January 13, 2008

Pubblicazione


E' con gioia ed emozione che oggi ho visto pubblicato un altro mio racconto sulla rivista letteraria di Alessandro Troisi. Rivista che potrete scaricare liberamente al link:


http://www.alessandrotroisi.it/

Tempo di rifiuti



 


Ricuso gli encomi
Sfuggo le adulazioni
Imbratto di emozioni
le tele del mio cuore




Mi irrido di stupidi
concetti e della banalità
ne faccio fagotto per
impinguire la pattumiera
dove giace, inerte, lo scarto
di miei vacui pensieri.


Non rimestate all’interno.
Lasciate sedimentare
il contenuto.
Potreste incorrere nel
rischio di trovarci, dentro,
a decantare,anche


il mio cuore.


 



 




 



 



 

Thursday, January 10, 2008

Emergenza rifiuti


La mia vita affidata


a  luride carogne


che nelle macerie


dei rifiuti


di una società


indifferente


accumulano ricchezze


infischiandosene dei


disagi e della


salute della gente.


Di quella gente che,


per volontà


di un fato, il


destino di molti


gli ha assegnato.


Or eccoli


col capo chino a


battersi il petto


in un ipocrito


mea culpa mentre


noi moriamo


nel fetore.



Il pesce,


è da tutti risaputo,


è dal capo che


inizia il suo


nauseante olezzo.




[Umiliazione e vergogna sono i sentimenti di molti che vivono accanto a me questa ennesima piaga sociale]

 

Tuesday, January 08, 2008

A Elio


Fra pensieri fumosi
e baluginii di niente,
con atavica rabbia
seppellita tra le macerie
di un Dio crocifisso per
fare un favore alla gente.


Mi perdo




Anfratti sentieri di
Ombra e Luce  tracciano
il percorso di stereotipati
Pensieri e


Mi ritrovo



ignava ad abbeverarmi
col sangue dei poeti.



Sunday, January 06, 2008

Par condicion?


Uomo, non concupire


e in cuor  tuo la donna


d'altri non desiderare.


Donna, sii sottomessa.


Morigerata nei tuoi


costumi e non alzar


lo sguardo tuo su


volti sconosciuti.


Ricordati che dalla


costa d'Adamo sei


stata tratta. A lui


devi riconoscenza.


Quindi, non alzare la


cresta. Non ribadire.


Dimenticati che


della vita umana


sei la  portatrice.


Della Madre Terra


sublime incarnazione.


Giaci prona al cospetto


del tuo padrone!


Nei secoli a lungo


perseguitata e al rogo


condannata con l'ignominiosa


accusa di essere megera, di


magiche arti  detentrice,


tu non ti sei spezzata.


Ci sono stati voci deboli


e deboli lamenti.


Morte. Sangue. Derisione.


Siamo giunti all'oggi.


In cerca di pari condizioni.

Regalo di natale



Finalmente ci siamo!
Uscirono così le parole, rimbombando nella stanza vuota. Sollevò la testa fermando le mani sopra la borsa da viaggio azzurra - ultimo acquisto, fatto dopo aver per giorni girovagato per i negozi del centro - spaventata lei stessa dal suono prodotto dalla sua voce.
Si guardò attorno trattenendo per un attimo il respiro poi, come inseguendo una visione, volse lo sguardo verso la finestra.
Imbruniva e le flebili luci dei lampioni proiettavano, sull’asfalto bagnato, le immagini dei palazzi con le loro luci…
Sembrava di guardare il mondo capovolto. Chissà qual è la vera immagine reale. Quella che c’è sopra o quella…sotto?
Scosse la testa, non c’era tempo per riflessioni filosofiche , tornò decisa verso il grande armadio a muro. Aprì ancora qualche cassetto frugando in cerca di indumenti pesanti anche se aveva rifatto il suo guardaroba proprio per quella occasione. Tornò a guardare la borsa che giaceva già semipiena ai piedi del letto, per poi decidersi a chiudere anche l’armadio.
Compì gli ultimi gesti come un automa. All’improvviso non le importava più cosa avrebbe portato con sé. Una strana frenesia si impossessò di lei e dopo aver chiuso con energia la valigia volse i suoi passi verso il balcone. C’era da chiudere il rubinetto dell’acqua e l’erogatore del gas. Passando nel lungo corridoio lanciò un fugace sguardo nella camera dei figli. Pullover, camicie, jeans, scarpe, giacevano sparpagliati sulle sedie, sulla scrivania, per terra. Abbandonati in giro come se nella stanza ci fosse stata la visita dei ladri o qualche evento catastrofico che avesse costretto gli abitanti a darsi alla fuga a precipizio. Resistette all’impulso, inconscio, di entrare a sistemare. Scrollò le spalle, in fondo erano abbastanza grandi da prendersi cura delle loro cose. Così come lo erano stati quando avevano deciso di partire per conto proprio per la settimana bianca con gli amici.
Raddrizzò le spalle e con passi decisi si diresse per portare a termine le ultime incombenze. Un ultimo sguardo nello specchio del bagno le proiettò l’immagine di una donna ancora bella ed in piena forma nonostante gli anni, i figli ed i primi capelli bianchi che il suo abile parrucchiere riusciva a coprire con dei bellissimi contrasti giocati sui toni del biondo …
Inarcò il sopracciglio sinistro mentre un leggero sorriso le increspava gli angoli della bocca ancora seducente e carnosa. Poi afferrata la borsa da viaggio prese al volo il cappotto e la sciarpa e, senza dar un ultimo sguardo alla casa, chiuse decisa la porta alle sue spalle.
Non ebbe problemi ad uscire dal parcheggio, Giovanni, il portiere, vedendo la macchina uscire dai garage le aprì immediatamente il cancello.
Devo ricordarmi di fare un regalo anche a lui…magari al mio ritorno gli porterò un souvenir. Alzò l’esile mano e sorrise al portiere che dentro la guardiola la guardava con un ‘espressione che sembrava triste. Tentò di leggere il labiale : Faccia buon viaggio! Chinò la testa in cenno affermativo e con decisione ingranò la marcia. Slittarono leggermente le ruote sull’asfalto bagnato. Sorrise, un sorriso di bimba che ha appena compiuto una marachella, soddisfatta lei stessa per la sua spavalderia. Prese la via.
L’attendeva un lungo tragitto e, contrariamente a quelle che erano sempre state le sue abitudini, non riusciva a spiegarsi come mai avesse deciso di partire al tramonto.
Quante volte aveva discusso con lui che si ostinava a viaggiare di notte motivando la sua decisione col fatto che la notte le strade sono deserte e si cammina più velocemente.
Ma adesso lui non c’era, al telefono le aveva detto “Vai, se hai deciso di andare ma non aspettarti che ti seguirò”.
Aveva chiuso lo sportelletto del cellulare con una rabbia tale che stava per staccarsi. La sfida che aveva sentito nelle sue parole l’aveva imbestialita.
Osava dubitare della sua capacità di agire? Come se fosse una bimbetta che aveva ancora bisogno della balia. Pigiò sull’acceleratore mentre le nocche sbiancavano strette attorno al volante. Avrebbe dimostrato a lui ed ai figli che sapeva benissimo cavarsela da sola… Tale pensiero la proiettò immediatamente verso la meta del suo viaggio.
Quante e quante volte, da bambina prima e da adulta poi, aveva sognato una vacanza come quella che si accingeva a compiere.
Accese la radio e infilò il suo cd preferito. Le note del sassofono si diffusero nel piccolo abitacolo della sua Citroen C1 e la aiutarono a rallentare i pensieri.

Arrivò a notte inoltrata nel piccolo paese coperto di neve.
Il viaggio , fortunatamente, si era rivelato senza imprevisti.

Fermò la macchina al centro della piazzetta dove troneggiava un grandissimo abete pieno di luci e di neve…e dopo aver riindossato cappotto, sciarpa e guanti scese e si diresse verso l’unico albergo del posto che si trovava di fronte alla chiesa. In quel momento l’orologio del campanile batteva due rintocchi. Si sgranchì le gambe prima di suonare e rimase in attesa del portiere che giunse di lì a poco. Compassato, ma non tanto, da non lasciar intravedere il suo stupore per quel arrivo nel cuore della notte.

- Buona sera - salutò cortese mentre allungava il collo per vedere se per caso era in compagnia. Lei avanzò decisa verso la reception e chiese una camera per la notte.
Accertatosi che era veramente sola il portiere richiuse l’uscio e si apprestò a compiere le solite formalità dopo averle detto che era fortunata in quanto una stanza c’era ancora, ma solo per quella notte.
- Sa, gli ospiti che hanno prenotato inizieranno ad arrivare soltanto verso l’ora di pranzo . - Un debole sorriso a mo’ di assenso mentre rispondeva:

- Ho preso in affitto un cottage, su in montagna, ma non me la sento di arrivare su a quest’ora.
- Direi che è una saggia decisione – acconsentì il portiere di notte. - La strada è ghiacciata oltre che piena di curve e tornanti.
Espletate le formalità le consegnò le chiavi della camera:

- 48, terzo piano e…buon riposo.
Annuì mentre si dirigeva verso l’ascensore che si richiuse alle sue spalle dopo aver pigiato sull’apposito bottone.
La camera pulita, arredata in stile "arte povera", era abbastanza calda. Si liberò del cappotto, dei guanti e degli stivali e si buttò sul letto. Il sonno la colse subito e si addormentò così… con i vestiti indosso.

La luce del sole che penetrava attraverso gli spiragli della persiana la destarono da quel sonno. Aprì gli occhi per poi repentinamente richiuderli in preda ad un senso di disorientamento. Quello di chi è poco avvezzo a viaggiare e fatica a capire dove si trova.
Poi realizzò.
I ricordi degli ultimi giorni le si pararono davanti, impietosi. Un leggero fremito delle labbra che lei stessa bloccò dirigendosi verso il bagno. Una buona doccia, ecco cosa mi ci vuole. Sorrise all’immagine che le rimandava indietro il piccolo specchio di quel piccolo bagno d’albergo. Poi il ricordo del cottage le fece accelerare le azioni. Scese nella hall dove c’era ancora il portiere del turno di notte che nel vederla le sorrise.
- Buona giornata, Signora! La colazione è a buffet ed è già pronta – annuì avviandosi verso una piccola stanza, anch’essa arredata con lo stesso stile della camera da letto. L’odore del caffè e del latte stuzzicò il suo stomaco ricordandole che la sera prima non aveva cenato.
Finita la colazione e saldato il conto uscì all’aperto. La giornata si presentava magnifica. I primi raggi del sole rischiaravano già la piazzetta dove aveva parcheggiato. Salì e mise in moto. La macchina stentava a partire per colpa del freddo della notte. Sterzò dolcemente e puntò decisa il muso dell’auto verso la strada che l’avrebbe portata nella sua oasi silenziosa.
Procedeva a guida sostenuta sia per la strada, il cui ghiaccio iniziava a sciogliersi, sia perché affascinata dallo spettacolo che vedeva.
Meno male che aveva messo i pneumatici da neve. A dire il vero ci aveva pensato Luca, il primogenito. Forse in un momento di “rimorso”.
Le aveva chiesto le chiavi della macchina spiegandole che gli servivano proprio per portarla dal gommista, a farle sistemare le ruote, visto che andava sulla neve.
I rami degli alberi appesantiti dalla neve sembravano inchinarsi al suo passaggio. Più procedeva lungo la salita più lo spettacolo di quella bianca natura la estasiava. La vide in lontananza quella piccola casetta costruita interamente in legno, in puro stile tirolese. Il cuore sobbalzò in petto. Finalmente il suo sogno di fanciulla era lì davanti a lei. Quante volte, nei grigi e lunghi inverni cittadini aveva sognato di trovarsi in un posto come quello!
Ed ora finalmente aveva smesso di essere sogno ed era divenuto realtà…
Il suo sogno… la sua realtà.
Accelerò quel tanto per accorciare la distanza e si fermò.

Non seppe dire, in seguito, se, tra lo spegnersi del motore e l’aprirsi dell’uscio, ci fosse stato o meno un lasso di tempo o tutto fosse avvenuto contemporaneamente. L’unica cosa certa era che lì, davanti alla porta c’erano loro…

Notte indiana 2006


Le fiamme del fuoco, al centro del grande campo indiano, si alzavano alte nel cielo. Lingue di fiamme e scintille e lapilli scoppiettavano conferendo un tono di allegria in quella fredda notte invernale.Seduti a cerchio il piccolo popolo dai volti rossi (il fuoco riscaldava veramente il sangue), le gambe incrociate, fumavano assorti passandosi di mano in mano il calumet. Grigia Nuvola è talmente perso nei suoi pensieri da dimenticarselo in bocca . Trasale percependo il contatto del suo braccio con quello del fratello che gli siede accanto.Allora, come tornando da un mondo che ai più non è dato conoscere, punta gli occhi sgranati in faccia al compagno che con la mano tesa attende il segno tangibile della pace. Sorride e gli porge il calumet accompagnandolo con queste parole:
- "La mia mente ha percorso le grandi valli dove risuonano le voci dei nostri padri. Voci che pochi odono e molti ignorano. Rincorrevo un capriolo che, impaurito tentava di nascondersi convinto che volessero fargli del male. Mi sono avvicinato a lui e senza nemmeno toccarlo gli ho fatto sentire tutto il mio amore. Pensavo che fosse sufficiente questo ma, ahimé, mi sbagliavo! Mi si rivoltò contro e non ci crederai..lo so... ma mi morse la mano. Ecco..guarda anche tu..."
Così dicendo fa vedere la mano dove delle gocce di sangue scorrono lungo il palmo.Istintivamente il compagno si ritrae guardando sbigottito l'arto...
- "Questa è la prova che quel che dico è vero" - continuò con voce pacata l'anziano Sioux stringendosi ancor meglio il mantello della pelle d'orso intorno al corpo che aveva iniziato a sussultare. Il compagno non riusciva a proferir parola. Non un grido ruppe il silenzio del campo mentre si alzava e senza nulla proferire si avvicinava al vecchio. Solo quando fu all'altezza del suo orecchio gli bisbigliò:
- "Lo so...ero lì con te... guarda" - e sorrise scoprendo i denti dove sul biancore dello smalto brillava una goccia rosso sangue...

Amore in toga



Lungo il viale, ingentilito da macchie di colore dei primi fiori, una figura femminile avanzava lentamente. Il profumo dei fiori si spandeva in quell'aria primaverile trasportato dalla calda brezza che lieve le carezzava la pelle facendole fluttuare il leggero vestito di seta, a stampe floreali, sul corpo snello e compatto.
Percorse gli ultimi metri con una certa rapidità, quanto glielo consentivano le eleganti chanel dal tacco sottile che sembrava volesse incastrarsi, ad ogni passo, nell'acciottolato della pavimentazione. Si teneva stretta al corpo l'elegante borsa di cuoio per evitare che il vento potesse sollevarle l'abito.
Finalmente in macchina trasse un profondo respiro, indi sbuffò, come una ragazzina, emettendo l'aria che aveva trattenuto da quando aveva chiuso il portone del palazzo. Mise in moto e abbassò il finestrino mentre la voce dello speaker riempiva l'abitacolo. Agganciò la cintura di sicurezza e lentamente si immise nella corsia, risucchiata dal traffico della città. Intanto ripensava alla telefonata, ricevuta mentre stava ancora soerseggiando il primo caffé della giornata. La voce di lui, calda e profonda, le augurava il buongiorno, nonostante il sole era già sorto da un bel po'. Aveva ricambiato il saluto con lo stesso trasporto che metteva nel baciarlo al mattino; quando si svegliavano ancora abbracciati nel letto dopo una travolgente notte d'amore.
Poi la discussione scivolò sul quotidiano e sugli impegni di entrambi per la mattinata. Stava per salutarlo quando lui la bloccò con quella richiesta paradossale... assurda... bislacca... togliendole la parola. Lui interpretò il suo silenzio come assenso e concluse sussurrando:
-Ti adoro -.
Aveva ubbidito più per amore che per intima convinzione assecondando la sua richiesta. Anche se ora doveva ammettere a se stessa che la cosa la eccitava, nonostante tutto. L'unico problema era che proprio quella mattina aveva due udienze in Pretura ed una sentenza in Tribunale.
Entrò nella cancelleria con la speranza che qualche istanza fosse stata revocata per l'assenza del giudice. Si sentiva gli sguardi insistenti dei colleghi addosso, come se sapessero e volessero spogliarla. Arrossì al pensiero. Il cancelliere gli confermò la presenza del giudice quindi non le rimase altro da fare che depositare degli atti al registro e dirigersi verso l'aula delle udienze. Uno dei clienti non si presentò per cui il giudice rinviò l'udienza. L'altra causa era una banalissima controversia per morosità.
Alle 11.15 era in Tribunale. Il cuore iniziò a batterle all'impazzata. L'aula era come al solito affollata da clienti e avvocati. Aveva dato appuntamento al suo cliente per le 11.00 ed era in ritardo ma il suo pensiero era altrove.
- Alla faccia della professionalità - scosse la testa per scacciare questo pensiero mentre dirigeva lo sguardo intorno all'aula per fermarlo alla scrivania dove lui stava seduto impegnato a presiedere una causa.
Bello... pacato... distaccato come si conviene ad un giudice. Sollevò la testa come se avesse percepito il suo sguardo. I suoi occhi incontrarono quelli di lei, ammiccò nella sua direzione, lei abbassò la testa annuendo, mentre le guance si coloravano di un leggero rossore che non sfuggì allo sguardo attento e penetrante di lui che sorrise per poi tornare al suo lavoro.
Distolse lo sguardo per cercare di individuare il suo cliente che, avendola scorta da lontano, or si stava dirigende verso di lei. Gli andò incontro mentre venivano raggiunti dall'avvocato con la controparte. Il collega tentò una mediazione nella speranza di giungere ad un patteggiamento prima di presentarsi davanti al giudice. Il cliente scuoteva il capo. La soluzione che i due gli prospettavano sembrava non lo soddisfacesse. Scrollò le spalle mentre il cellualre squillò.
- Allora è proprio vero... Hai fatto quello che ti ho detto! - La voce soffocata di lui ebbe il potere di riaccenderle ulteriormente i sensi. Si girò per cercarlo nella stanza e lo vide in fondo, vicino alla finestra che si affacciava nel cortile interno del Tribunale. Le spalle girate alla sala.
- Chiedo scusa - e si allontanò lasciando i suoi interlocutori a discutere.
- Lo sai che non so negarti nulla- bisbigliò piano nel ricevitore.
- Ti aspetto nel mio studio... Raggiungimi quando hai finito.
Chiuse con un leggero colpo lo sportelletto del cellulare... L'animo ed i sensi in tumulto. Il suo cliente, intanto, continuava a discutere e la discussione diveniva sempre più incandescente. Vani gli sforzi degli avvocati di entrambi per sedare gli animi.. E così, in questo stato, si presentarono davanti al giudice che li aveva appena convocati, il quale infastidito un po' per motivi suoi, un po' per come si erano presentati davanti a lui, decise di rinviare il pronunciamento della sentenza.
Tirò un sospiro di sollievo e accomiatatasi dal gruppo con la scusa di un'altra causa si diresse verso la macchina. Il solito traffico dell'ora di punta le impediva di procedere spedita. L'ufficio, che condividevano entrambi, non era distante dal tribunale eppure sembrava che non dovesse mai arrivare. La segretaria non c'era. Lui aveva pensato di affidarle degli incarichi burocratici da svolgere verso degli enti pubblici e così mentre cercava le chiavi dentro la borsa, lui aprì la porta e la trasse a se prendendole la mano e portandola sulla patta dei pantaloni.
- Guarda in che stato sono da oltre due ore - le disse con voce rauca mentre le faceva toccare con mano l'effetto che lei riusciva a suscitare in lui solo al vederla e al pensiero di sapere che lei aveva eseguito il suo impudico... sensuale... folle desiderio...
Si strinse a lui, le loro bocche si incontrarono. Lui non resistette oltre e sollevandole il leggero vestito di seta fece scorrere con vogliosa bramosia la sua mano tra le cosce tornite. Salì deciso e senza indugiare oltre affondò le dita in quel caldo ed umido nido...
- Ti adoro! - ....

Si sedes non is


La sera è l'ora che prediligo per andarmene in giro per le strade della città semideserta. Mi immergo nell'oscurità delle strade come un cane randagio. Annuso l'aria, sollevo le orecchie, i sensi all'erta a cogliere il minimo fruscio, il più piccolo movimento, che possa interrompere il piacere di queste mie solitarie passeggiate. E così che una non ben precisata sera [che poi mi chiedo: a che serve ricordare il giorno, l'ora di un evento?] , dicevo in una sera qualunque, di un giorno qualunque nel dirigermi verso l'unico pezzo di verde rimasto nel mio quartiere mi fermai interdetta alla vista di una sagoma inver molto strana. Tentai di avvicinarmici senza destar in essa alcun allarme, mantenendo la debita distanza. Mentre mi avvicinavo sempre più in ugual misura si accresceva la mia titubanza. Non eravamo in periodo carnecialesco eppure... eppure la figura che iniziavo ad individuare indossava abiti di una strana foggia. Più che parlar di abiti direi che sia più giusto parlar di tunica... Una tunica azzurra. Ampie maniche scendevano lungo il corpo e portava, legata ad una cintola, una strana borsa.Che avreste fatto voi al mio posto?Io feci la cosa più ovvia, lasciai che la curiosità avesse il sopravvento sulla mia difidenza e mi avvicinai. Notai subito, nonostante la fioca luce, lo stato dimesso dell'abito ed il volto emaciato e scarno di chi mi stava di fronte. Difficile dire se fosse uomo o donna visto la lunga capigliatura che gli ricadeva morbidamente sulle esili spalle.Solo quando parlò la sua voce ferma e profonda mi consentì di dargli una identità maschile. Quello che lui proferì in realtà mi colpì profondamente.
- E` da molto che girovago senza una meta e senza fissa dimora - esordì così improvvisamente mentre si accasciava sull'unica panchina di quel parco - ma l`Acqua non può far a meno di tornare lì dove è nata. Lì dove c`è l`Alpha e l`Omega.Sono tornato in cerca di risposte e qualcosa ho trovato lì dove essa risiede. C`era il Quinto e dalle sue parole altre ne sono emerse...come foglie trascinate dal vento...Pagine di un libro scritto in chissà quale tempo ...
Si zittì all'improvviso, così come all'improvviso aveva iniziato a parlare, lo sguardo diritto, fisso davanti a sé come in preda ad una visione che solo lui vedeva, indi riprese, e la voce or si levò più decisa e ferma.
- Prima che queste parole mi tornassero in mente io stavo seduto... Quanto tempo son rimasto così... in silenzio a tentar di ascoltare i 4 più 1! Ma nulla udivo... Nessun suono usciva dall`Aria che sembrava lontana...assente. Nulla proveniva dalla Terra, sulla quale poggiavo le mie membra, a parte qualche timido sussulto... Nulla dall`Acqua che pur mi aveva generato ... Nulla dal Fuoco che pur sentivo bruciarmi il cuore...Nulla dall`Etere verso cui andava spesso il mio pensiero... Ed il Sole... il Sole era così lontano ed io mi sentivo così piccolo al suo cospetto che non osavo nemmeno sollevar lo sguardo su di lui... Poi una voce, un piccolo richiamo... mi sollecita ad alzarmi...e lo vedo e... ricordo...ricordo le parole che in una lontana notte mentre ero intento ai miei studi emersero da una pagina scolorita dal tempo. Stavo tentando di decifrare un vecchio tomo ermetico quando mi imbattei in queste parole ...
Ancor si fermò mentre corrugava la fronte, forse nel tentativo di ricordare. Incosciamente mi lasciai scivolare sulla panchina accanto a lui. Il suo parlare, il suo modo di esprimersi, oltre che stupirmi iniziavano ad affabularmi. Dovevo avere un'aria da ebete ne son sicura, me ne resi conto quando realizzai che stavo con la bocca aperta e non riuscivo a pronunciar parola. Ma lui sembrava non accorgersi nemmeno della mia presenza anche se sono convinta che le nostre anime da qualche parte si fossero già incontrate. Forse così si sarà sentita Viviana quando incontrò Merlino alla Fontana di Barenton.Lo osservavo in silenzio...e lui ben presto riprese a parlare.
- Colui che cerca la verità non si ferma all'apparenza delle cose e delle idee ma tenta l'accesso nel ventre della Terra. Lì dove più fitta è la notte e non si vedono nemmeno le ombre di chi vi entra. Avvolto da quella oscurità si agita, brancola, si dimena e si dispera nel tentativo di trovar l'uscita. Ma più si agita più il buio lo risucchia. Così come fa il mare agitato con un corpo che tenta di rimanere disperatamente a galla... Hai visto mai un uomo agitarsi in un mare in tempesta?
La domanda, rivolta a me, mi colse di sorpresa, deglutii diverse volte prima di annuire visto che la voce non voleva uscire. Lui sembrò non avvedersene nemmeno.
- Ecco è così che l'anima si trova. Solo quando capisce che non riesce a trovare la soluzione si arresta immobile... ferma i pensieri... e decide di lasciarsi morire. A quel punto, diceva l'autore di quel tomo, avviene qualcosa di incredibile. Le ceneri di quello che era stato un essere tribolato e annientato dal dolore si rianimano... Una luce si sprigiona dalla polvere e rapida svetta verso l'alto tagliando l'Ombra...Ali maestose si aprono e l'uccello rinato torna a volare nel Sole... Si sedes non is... ricordati queste parole... Così dicendo si dissolse davanti ad i miei occhi. Mi ridestai come da un sogno e nell'abbassar lo sguardo sulla panchina dove prima sedeva quello strano individuo vi trovai una piuma coi colori dell'iride.
Ce l'ho qui, adesso, con me. La porto intrecciata nei miei capelli mentre dentro me continuo a ripetermi..."Si sedes non is"...

Thursday, January 03, 2008

Pensieri notturni


 


Nell' adusa alcova,


la notturna falena,


conforto non trova.


Le soffici ali distese


invano ella attende


la magica quiete


dell'indolente sonno.