Sunday, October 14, 2007

Mendicante per amore





La mano timidamente protesa verso i passanti. Se ne stava così, acquattata, le ginocchia piegate, la lunga gonna di tela indiana a ricoprir le esili gambe fino a terra. Là dove sbucavano timidi due piccoli piedi rinchiusi dentro un paio di scarpe che avevano conosciuto tempi migliori. Logori e consunti al punto tale che era difficile individuarne l'originario colore.
In verità l'intero abbigliamento strideva su quel marciapiede che aveva come sfondo un elegante negozio di haute couture.
La giornata calda e afosa, inusuale per quella città conosciuta non solo per i suoi musei e le sue maestose cattedrali, ma anche per i suoi boulevard pieni di café, non invitava certo i passanti a curarsi di quella piccola mano protesa a chieder l'elemosina. Se la passava meglio quando era in India...
Lo sguardospento, annacquato, dalle cui chiare iridi non trapelava ciò che le rodeva dentro.
Quel mezzo sorriso, che si era abituata a tenere stampato sul volto, per un attimo sembrò pietrificarsi su quella bocca, su quelle labbra carnose, osservando una figura che avanzava lentamente. La luce del sole alle di lui spalle non le consentiva di definirne i lineamenti ma, nonostante ciò, intravedeva in quella figura un che di familiare. Il cuore le si fermò in gola. Impallidì. Un leggero tremore iniziò a scuotere il suo esile corpo.
Restò immobile, incapace di un pur minimo gesto mentre lo osservava avanzare nel suo inconfondibile stile. Elegantemente sfrontato. Bello. Ancor più bello di come lo ricordava nei suoi sogni, a sera, chiusa nella sua piccola camera ammobiliata alla periferia est di quella città... con una minuscola finestra che dava sulla Senna... o quando si trovava in qualche catapecchia in uno dei vicoli di Bombay...
Indossava una camicia e dei pantaloni di lino bianchi, ai piedi un paio di college e sosteneva per le spalle una giovane donna. Alta, bella, bionda...sofisticata. La falcata inconfondibile da fotomodella o comunque di chi è avvezza a calcar le scene davanti agli sguardi ammirati dei maschi.
Una lacrima lentamente le rigò la guancia...
Quanto tempo era passato!
Si alzò precipitosamente, raccolse la sua borsa e stringendosela al seno rapida si diresse in direzione opposta a quella da cui sopraggiungevano i due innamorati.
Solo quando fu certa di aver lasciato tra lei e loro la giusta distanza liberò i singulti che le strozzavano la gola.

****
Pioveva a dirotto e grossi goccioloni picchiettavano sui vetri e sul tetto di quella piccola mansarda situata al VI piano di un edificio ottocentesco in rue de Boulogne. All'interno due giovani corpi si abbandonavano stremati dopo gli ultimi spasmi di un ardente orgasmo. Lui allungò la mano e, scostando con dolce tenerezza i lunghi capelli biondi dal viso botticelliano di lei, si allungò depositando un dolcissimo bacio sulle di lei labbra. A quel gesto lei rispose con altrettanta dolcezza. Venere stremata dalla passione che languidamente si abbandona a quel corpo, a quelle labbra, a quegli occhi di fiamma.
E si fermò il tempo, dileguandosi nei loro sguardi.
Si svegliarono molto tempo dopo. Aveva smesso di piovere, lui si alzò e così, nudo come si trovava, si accostò al cavalletto che troneggiava al centro di quel monolocale. Lei, con mosse sensualmente feline, allungò il corpo slanciato e lo osservò tra le palpebre socchiuse.
- Hugo... - la voce calda e languida ruppe il silenzio .
Lui si girò a guardarla e portando l'indice alle labbra le fece cenno di tacere. Quindi, esprimendosi sempre con i gesti allungò il palmo della mano destra, tra le cui dita svettava il pennello imbevuto di colore, verso di lei che nel vedere il gesto si immobilizzò...
Hugo riportò la sua attenzione sulla tela e intingendo il pennello nel colore sulla tavolozza riprese a dipingere con gesti che divenivano, via via, sempre più rapidi e sciolti. Lei, immobile sul letto - ammesso che si potesse definire letto quel giaciglio costituito da uno striminzito futon poggiato sul parquet - lo osservava imbevendosi di quel corpo muscoloso ed asciutto. Soffermò lo sguardo sui glutei alti e sodi per poi portarlo sulla cosa che di lui l'affascinava di più: le sue mani.
Mani dalle dita lunghe e nervose che ora si muovevano sulla tela or con forza, or con dolcezza. La stessa forza e la stessa dolcezza di quando scorrevano sul suo corpo accendendo in lei i brividi della passione più ardente. Lui, come se avesse captato i di lei pensieri, distolse lo sguardo dalla tela e le sorrise.
- Sono sicuro che questo sarà il mio capolavoro. Quello che mi farà conoscere al pubblico ed ai galleristi - esclamò con impeto, proseguendo:
- Quando diventeremo ricchi la prima cosa che ti regalerò sarà un viaggio sulla Luna.
Gli sorrise comprendendo il senso di quel paradosso.
- Io sono già oltre la Luna - le rispose mentre si avvicinava a lui.
Lo strinse da dietro e lo baciò sulla nuca. Lui posò il pennello e prendendole le mani le accostò alle sue labbra...

****
Camminava spedita incurante dei passanti. Le lacrime le offuscavano la vista. Evitò per un pelo di scontrarsi, inciampando su un piccolo yorkshire, con un uomo che fu pronto ad afferrarla per le braccia impedendole una rovinosa caduta.
Confusa, rossa in volto, borbottò delle rapide scuse...

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Era tornato a casa salendo gli scalini a due a due. Trafelato, le mani dietro la schiena, il suo sorriso più bello ad illuminargli il volto e lo sguardo.
Lei stava provando a cucinare un pranzo decente su quella minuscola cucina da campo con soli due fornelli. Lui le cinse la vita mentre le poneva davanti un piccolo fiore bianco.
L'odore della camelia penetrò nelle sue narici, chiuse gli occhi e sorrise assaporando quell 'attimo. Lui la baciò sul collo, poco sotto il lobo dell'orecchio quindi le sussurrò:
- Ci siamo! Ho trovato una galleria. Il proprietario ha detto di portargli altre mie opere. Le esporrà in mostra permanente e… senza che io sborsi un centesimo di franco. Se li venderà, cosa di cui sembra certo, dividerà il ricavato con me... fifth-fifth. Ha anche stabilito un prezzo... che io trovo eccessivo per i miei quadri... ma mi ha detto di fidarmi che sa il fatto suo... Vedrai che molto presto riuscirò a portarti sulla Luna...
Il giorno sembrò essere giunto in fretta. Al vernissage che il gallerista volle fare per mostrare le sue opere in anteprima.
L'aria da pittore bohemiene, il fisico asciutto, il sorriso accattivante... non gli ci volle molto per essere circondato dalle belle donne che sembrava facessero a gara per contendersi le sue attenzioni. Non resistette molto lì, in quella galleria illuminata a giorno, lei con i suoi jeans consunti e la t-shirt sopra all'ombelico si sentiva come una pattumiera messa per sbaglio nel salone della festa. Lentamente iniziò a retrocedere, lo sguardo fisso su di lui a imprimersi nella mente quegli ultimi istanti, arrivò all'uscio di quella elegante galleria. Appena si ritrovò sul marciapiede si guardò attorno disorientata, come un cane che ha smarrito il padrone. Quindi, senza riuscire a prendere nessuna decisione si allontanò rapidamente.
Il buio risucchiò la sua figura. Inebetita. Confusa. Solo un pensiero in testa. Doveva andare lontano... lontano da lui che sentiva di aver già perso.
Non tornò alla loro mansarda ma si rifugiò a casa di un'amica che la accolse senza chiederle nulla. Ci sarebbe stato tempo per parlare... era stremata.
Il giorno dopo senza dire nulla a nessuno alla "gare du Lion" salì sul primo treno... destinazione "India".

****
Era tornata da poco, non aveva cercato nessuno dei vecchi amici. Viveva elemosinando per le strade di Parigi.
Parigi, la città degli innamorati per antonomasia. Parigi la grande puttana che rapisce i sogni dei giovani svendendoli per quattro luridiscenti spiccioli...
Sapeva che sarebbe successo, che prima o poi l'avrebbe rivisto ma certo non immaginava che quella vista sarebbe stata come un pugno nello stomaco.
E lei tornava a fuggire ancora una volta lontano da lui.
Lui così bello e famoso. Lui coccolato dalla stampa e dalle donne. Lui che immancabilmente appariva sulla cover di qualche rivista di gossip. Lui che sembrava non aver più tempo da dedicare alla sua vera passione. Ma così non era. Nella galleria, di cui era divenuto ben presto socio, un suo quadro, fresco di colore, troneggiava sempre su un cavalletto davanti alla vetrina. Lei vi andava sovente. La sera. Quando i negozi erano chiusi e si fermava lì per ore a contemplarlo. Le sue opere avevano ancora il sapore di quando vivevano nella mansarda di rue de Boulogne anche se i colori erano molto più forti... quasi rabbiosi.
Ma tutti con un comun denominatore. Una piccola luna su cui si intravedeva, diafano, un volto botticelliano...

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