Grazie Pietro121
Thursday, June 12, 2008
Dedica animata
Grazie Pietro121
Monday, June 09, 2008
Un Mondo migliore
Voglia di vivere
sull' onda delle emozioni
Voglia di ribaltare
l'usuale e il deja-vu
Voglia di guardare il mondo
a testa in giù...
Desiderio di scoprire
che la legge gravitazionale
è solo un illusione ottica
e che la mela non cada
ma vola risucchiata
dentro il buco dell'ozono.
Che gli uccelli non volteggino in aria.
Che i pesci galleggino fuori dall'acqua.
Che le stelle siano il mio prato,
su cui poggio i miei piedi scalzi,
e non le uniche depositarie
di tutti i miei pensieri segreti.
Che la terra che mi nutre
tenga per se i suoi frutti
ormai incancreniti
e che la via Lattea
sia l'unico cibo che mi sfami.
Voglia di fare le capriole
in un Mondo diverso.
Voglia di vivere in un Mondo migliore.
Saturday, June 07, 2008
Memory of love
Memory of love by ~AaquilaS on deviantART - Creative Commons License Some rights reserved. This work is licensed under a Creative Commons Attribution-Noncommercial-No Derivative Works 3.0 License.
Friday, June 06, 2008
Premio al blog
Due premi che mi arrivano inattesi uno per questo blog l'altro per quello che ho su window.live.com
Adesso visto che non c'è due senza tre... mi aspetto trepidante il... terzo, sperando che arrivi.
Intanto il mio grazie di cuore all'amica Silvy per essersi ricordata di me.
La fautrice di questa idea è:
http://arteypico.blogspot.com/
Tuesday, June 03, 2008
Delirium
Si sedette sulle sue convinzioni. Su quella cima, ponendosi come tacito spettatore, l’assordante frastuono di voci giungeva al suo udito come avvolto in una fitta coltre di nebbia.
Sorrise beffardo, mentre un ghigno gli deformava il viso, non bello, non era certo un tipo avvenente, eppure aveva il potere di sedurre le sue vittime con la stessa tattica usata dal falco quando individua la sua preda. Ampi giri concentrici, sempre più stretti fino a rinserrarla. Usava la bocca nella stessa maniera in cui il falco usa le sue ali. E una volta che la preda era tra le sue grinfie le sue mani, dalle dita lunghe ed adunche, le strappavano il cuore.
Ancora una volta girò lo sguardo sull’ampia distesa del mare delle idee mentre il sole andava scomparendo dietro le montagne della diffidenza. Silenzio…
Solo silenzio: che anche nella regione del pensiero esiste una zona di limbo, lì si trovava a suo agio.
Lì affilava i suoi artigli. Lì svuotava il cuore dalle emozioni. Lì incontrava il non-Io…
Lì si abbandonava al role-playing cercando la sua identità che gli era sfuggita durante una delle sue tante scorribande. L’unica volta in cui la preda, fingendosi morta in nome della coerenza, gli si era rivoltata strappandogli la lingua.
Si, perché ormai era diventato muto e nessun dottore, sebbene luminare, era riuscito a ricucirgliela.
Povero essere! Arroccato sulle sue idee che non poteva più avvalorare.
Mentre le sue convinzioni fluttuavano senza più un suono, dibattendosi dentro se stesso in una vita non vita moriva il… Libero Pensiero.
Sunday, June 01, 2008
Punto di rottura
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sui sentieri del karma
infrangendo i miei sogni.
Non ne individuo il senso:
con la ragione comprendo .
Wednesday, May 28, 2008
Ho un sogno
Tu ne quaesieris, scire nefas
dove vivono i miei sogni.
Forse
tra le pieghe di velluto
del nero mantello della notte.
Forse
negli abissi sconfinati
tra rocce di coralli rossi ,
Forse
sulle innevate e maestose cime,
dove nidificano le aquile,
Forse
dentro un sacro tabernacolo
di un altare sconsacrato.
Forse
nello stagno delle rane,
tra le ninfee ed i pesci rossi:
Forse...
Son certa:
quello non vedrà mai la luce.
[Anche i sogni servono a dare un senso alla vita...].
Sunday, May 25, 2008
Il senso della vita
Sono sempre stata una bambina un po’ “strana”. Non è che non amassi la compagnia degli altri, che anzi erano sempre a casa mia, ma c’erano dei momenti in cui amavo starmene da sola. Ricordo che avevamo una grandissima finestra, con un ampio davanzale dove mi sedevo per ore a contemplare le nuvole che non erano mai le stesse. A volte soffici, impalpabili, come leggere pennellate di un bianco diafano, se ne stavano immobili sopra quel mio pezzo di cielo. Tal altra invece erano in tutte le sfumature del grigio, pesanti, saturi di acqua che riversavano giù come cascate. Come se il cielo aprisse le sue cataratte e desse sfogo a tutto il suo dolore. Altre volte erano piccoli cirri sui toni soffusi dell’azzurro che si rincorrevano sospinti dal vento. Allora provavo a dar loro una fisionomia prima che venissero stravolti. A volte il cielo era così terso che nemmeno strizzando gli occhi riuscivo a intravedere un batuffolo di bianco. Neppure una spolverata di cipria. E allora mi chiedevo dove erano finite. Dove si erano cacciate lasciando il cielo nudo. Quante volte mi sarebbe piaciuto sedermici sopra e farmi trasportare per capire dove se ne andavano. Per me era un grande mistero la loro presenza e la loro assenza…
Quando non ero col naso all’insù mi ritrovavo acquattata ad osservare le formiche. Ne puntavo una a caso e la seguivo con le piccole dita, lungo il suo tragitto. Era sempre la stessa identica scena… Giorno per giorno. La loro camminata in fila indiana, una in un senso e l’altra in senso contrario. Immancabilmente quando si incrociavano sembrava che si scambiassero fra loro dei messaggi.
A volte ne vedevo qualcuna trascinarsi un briciolo di cibo grande tre volte lei… le compagne le passavano vicine si soffermavano come al solito e poi proseguivano lasciandola da sola ad arrancare con quel briciolo che immaginavo per lei doveva essere grande come un massiccio montuoso. Mi indispettiva che nessuno di loro si preoccupasse di fermarsi a darle una mano. Ma la cosa che mi meravigliava di più era che a volte, dopo aver individuato la loro tana, io la facevo franare e aspettavo di vedere cosa succedeva. Pensavo: Ecco, adesso dovranno traslocare e costruirsi una casa altrove. Invece no, all’improvviso, passato il primo scompiglio eccole in venti, trenta prodigarsi per riaprire la strada. Allora indispettita mi alzavo ed andavo in cerca degli amici. Mentre in cuor mio meditavo sulla loro stupidità e sull’inutilità della loro vita.
Certe abitudini son dure a morire ed ancor oggi, tutte le mattine, appena alzata dal letto osservo il cielo. Ora so a che servono le nuvole e dal loro aspetto so se la giornata che mi accingo a vivere sarà serena o porterà qualche temporale. Ho trovato il senso della loro esistenza.
Ancor oggi osservo le colonie di formiche arrabbattarsi avanti ed indietro con le loro provviste. Comprendo il senso del loro lavoro incessante e ancor oggi concludo che in fondo sono sempre stupidi insetti che si ammazzano di fatica e solo per… mangiare.
Osservando le nuvole, forse, ho imparato ad osservare il volto degli uomini per cercare di capire dal loro sguardo se sono contenti o arrabbiati, tristi o felici. Quante sfumature passano in pochi istanti negli sguardi delle persone! La maggior parte di noi si comporta come le formiche. Lavorano… lavorano e ad altro non pensano se non a rimpinguire i loro granai. Te ne accorgi subito dai loro sguardi: non hanno capito il senso della vita. Ammesso che si siano mai posti il problema del perché loro esistono e non si siano risposti che lo scopo della loro esistenza è il lavoro.
Altri sono come le nuvole corrono inseguendo un sogno, pieni di aspettative e di speranze. Il più delle volte non si sa dove vanno a finire e se quello che cercavano l’hanno raggiunto…
Lo so, adesso voi siete curiosi di sapere se io sono nuvola o formica. Quante volte lungo il corso della mia vita mi sono fatta la stessa domanda! Non sono mai riuscita a rispondermi, forse perché sono un po’ di questa e un po’ di quella.
Solo una cosa è certa: sollevando lo sguardo in un campo di papaveri rimango affascinata dalla loro semplice bellezza. Quelle macchie di rosso che si staccano con prepotenza dall’azzurro del cielo reclamano fieri il diritto alla loro esistenza catturando il mio sguardo. Ed allora comprendo. Comprendo che il senso della vita è nella mia stessa esistenza. Comprendo che questa mia vita non è eterna ma breve, come quella del papavero...
Saturday, May 17, 2008
Sunday, May 11, 2008
Stupore...
La poesia della settimana
Di pregevole effetto e disinvolta originalità sono le note predominanti della poetica di Korus. Questa settimana la scelta si è concentrata su una poesia, che mi ha particolarmente colpita: "Sulla strada di Emmaus".
L'autrice, con note metaforicamente essenziali e immediate, ci conduce nel mondo interiore della sua anima: "la strada di Emmaus", cioè il cammino di ogni uomo verso una fede più profonda e autentica, che l'autrice ripercorre in questi versi, dall'inizio alla fine.
Si affida ad essi con grande afflato lirico e significativo, soprattutto quando ci confida che: "Larve di pensieri / ingombrano la testa di / un viandante sognatore". Enigmi che sgorgano da un cuore pieno di sogni e che non lasciano spazio ai pensieri, i quali invadono la mente anche se, andando verso una nuova strada, non si conosce mai il vero senso della vita.
Un tema che la ispira profondamente, fino al punto di condurre in piena consapevolezza la sua stessa identità verso "strade polverose / con l'intima speranza / di tramutarli in oro", fino al raggiungimento di una delicatezza estrema di sentimenti, particolarmente coinvolgenti.
Nascono, quindi, un bisogno sublime e un intimo sentimento di speranza di condurre quei pensieri che soffocano "l'io" verso un luminoso e armonioso riscatto.
Versi carichi di forte tensione emozionale e spontanei fanno di questa lirica una straordinaria miniatura di sensazioni, impreziositi dalle suggestive evocazioni delle immagini.
Recensione di Rita Minniti
Ho voluto subito fermare questo evento adesso vado a "somatizzarlo"... magari scriverò dopo. Intanto posso solo ringraziare i redattori del sito per la loro ulteriore attenzione alla mia modesta opera...
Grazie di cuore a:
Rita Minniti
(che ha curato la recensione)
Guido Passini
Cristina
Thursday, May 08, 2008
Nelle grinfie della mucoviscidosi
Cercavo la vita
ma nel venire al mondo,
per la pazzia di un gene,
sono precipitato
nella viscida tela
di un infingardo ragno
che, lieto della preda,
continua a tenermi
sotto scacco. Non lo
smuovono a pietà
i rantoli miei né
le parole mie affannose.
Ogni giorno ingaggiamo
la stessa lotta : io che
reclamo la mia ora d’aria,
lui che sbava la sua
mucoviscidosi:
incatenandomi...
Non mi dò per vinto
e in questa muta sfida
si consuma la mia vita.
[La fibrosi cistica è una delle tante malattie genetiche di cui la scienza non possiede ancora la chiave di accesso... purtroppo... a Guido con la mia solidarietà...]
Friday, May 02, 2008
Sul finire del giorno
Pelle cadente su
rami rinsecchiti.
Ventre flaccido su
Inaridito utero.
Bocca sdentata.
Canuto il capo.
Lo sguardo spento,
la schiena piegata
dal giogo della vita.
Pensiero guizzante:
sul finire del giorno
e ciò che rimane per
affrontare la Morte
prima che il senno
vada scomparendo.