Friday, January 25, 2008

Si alzi il sipario


Venghino lor signori,
si faccino avanti,
alziamo il sipario,
che la platea è piena
e ci mancano gli attori.
Chi si fa avanti?
Abbiamo la parte del
capo di governo e
quella dei suoi lecchini
che devono ora essere
assegnati. Mi chiedete il

titolo?. Bellissimo:"Le

gouvernement est tombé".
Allora chi si offre volontario?
Garantiamo lauti guadagni
e poi una bella indennità
governativa. Una buona
rendita che vi assicurerà
una lussuosa vecchiaia
e  da mangiare a sbafo
ed a volontà. Iniziate ad
aprire le tasche e, se ce la
fate, portatevi dietro la famiglia
che da mangiare c'è in
abbondanza alla faccia
del popolo cretino
che abbasserà la testa
al prossimo governante.
Tanto, ormai dovremmo
aver capito che, chi si
accinge a governare,
penserà solo al suo profitto.
Ma non c'è nessuno fra
di voi che si presta come
volontario e senza chiedere
ricompensa alcuna?
Solo a lui sarà assegnata
la palma d'oro della Storia.

Thursday, January 24, 2008

Quel vuoto che sento


[my graphic]



Con ritmo ossessivo-compulsivo.


io apro e chiudo usci col solo


desiderio di colmare spazi


ampi,


vuoti di


assenza.


Solo un vento gelido invade


la stanza e in eccitante danza


s’annoda, s’avvinghia, ed io muoio


dentro


ancora


un poco.


 

Monday, January 21, 2008

In cerca degli alisei

Solo silenzio


al calare della sera


mentre navigo


in un mare piatto,


specchio di illusorie immagini.



Seguo la mia rotta.



Lo sguardo all'orizzonte


fisso le colonne d’Ercole


dove, alfine, giungerò


e, spiegando le ali,


le attraverserò.



In cerca degli Alisei.

Thursday, January 17, 2008

Noi belli e maledetti



 


Taciamo


per non offendere


Insonorizziamo il cuore


spaventati noi stessi di


ciò che potremmo udire



Sopportiamo 


convinti che la miglior


parola è il silenzio.


Imbavagliamo


l’anima



Iberniamo


il pensiero



Ingoiamo


sogni e desideri


facendone indigestione


e  questo solo


per non ferire.

Tuesday, January 15, 2008

Senza radici

 




 



Non come la canna


Su cui il vento soffia invano


Eppure sempre lì rimane


Né come l’edera che dove


s’ attacca muore


Io vivo randagia


e non metto radici


Mio è il mondo


Eppure nulla possiedo.


Spoglia di tutto


Nulla chiedo.


 

Sunday, January 13, 2008

Pubblicazione


E' con gioia ed emozione che oggi ho visto pubblicato un altro mio racconto sulla rivista letteraria di Alessandro Troisi. Rivista che potrete scaricare liberamente al link:


http://www.alessandrotroisi.it/

Tempo di rifiuti



 


Ricuso gli encomi
Sfuggo le adulazioni
Imbratto di emozioni
le tele del mio cuore




Mi irrido di stupidi
concetti e della banalità
ne faccio fagotto per
impinguire la pattumiera
dove giace, inerte, lo scarto
di miei vacui pensieri.


Non rimestate all’interno.
Lasciate sedimentare
il contenuto.
Potreste incorrere nel
rischio di trovarci, dentro,
a decantare,anche


il mio cuore.


 



 




 



 



 

Thursday, January 10, 2008

Emergenza rifiuti


La mia vita affidata


a  luride carogne


che nelle macerie


dei rifiuti


di una società


indifferente


accumulano ricchezze


infischiandosene dei


disagi e della


salute della gente.


Di quella gente che,


per volontà


di un fato, il


destino di molti


gli ha assegnato.


Or eccoli


col capo chino a


battersi il petto


in un ipocrito


mea culpa mentre


noi moriamo


nel fetore.



Il pesce,


è da tutti risaputo,


è dal capo che


inizia il suo


nauseante olezzo.




[Umiliazione e vergogna sono i sentimenti di molti che vivono accanto a me questa ennesima piaga sociale]

 

Tuesday, January 08, 2008

A Elio


Fra pensieri fumosi
e baluginii di niente,
con atavica rabbia
seppellita tra le macerie
di un Dio crocifisso per
fare un favore alla gente.


Mi perdo




Anfratti sentieri di
Ombra e Luce  tracciano
il percorso di stereotipati
Pensieri e


Mi ritrovo



ignava ad abbeverarmi
col sangue dei poeti.



Sunday, January 06, 2008

Par condicion?


Uomo, non concupire


e in cuor  tuo la donna


d'altri non desiderare.


Donna, sii sottomessa.


Morigerata nei tuoi


costumi e non alzar


lo sguardo tuo su


volti sconosciuti.


Ricordati che dalla


costa d'Adamo sei


stata tratta. A lui


devi riconoscenza.


Quindi, non alzare la


cresta. Non ribadire.


Dimenticati che


della vita umana


sei la  portatrice.


Della Madre Terra


sublime incarnazione.


Giaci prona al cospetto


del tuo padrone!


Nei secoli a lungo


perseguitata e al rogo


condannata con l'ignominiosa


accusa di essere megera, di


magiche arti  detentrice,


tu non ti sei spezzata.


Ci sono stati voci deboli


e deboli lamenti.


Morte. Sangue. Derisione.


Siamo giunti all'oggi.


In cerca di pari condizioni.

Regalo di natale



Finalmente ci siamo!
Uscirono così le parole, rimbombando nella stanza vuota. Sollevò la testa fermando le mani sopra la borsa da viaggio azzurra - ultimo acquisto, fatto dopo aver per giorni girovagato per i negozi del centro - spaventata lei stessa dal suono prodotto dalla sua voce.
Si guardò attorno trattenendo per un attimo il respiro poi, come inseguendo una visione, volse lo sguardo verso la finestra.
Imbruniva e le flebili luci dei lampioni proiettavano, sull’asfalto bagnato, le immagini dei palazzi con le loro luci…
Sembrava di guardare il mondo capovolto. Chissà qual è la vera immagine reale. Quella che c’è sopra o quella…sotto?
Scosse la testa, non c’era tempo per riflessioni filosofiche , tornò decisa verso il grande armadio a muro. Aprì ancora qualche cassetto frugando in cerca di indumenti pesanti anche se aveva rifatto il suo guardaroba proprio per quella occasione. Tornò a guardare la borsa che giaceva già semipiena ai piedi del letto, per poi decidersi a chiudere anche l’armadio.
Compì gli ultimi gesti come un automa. All’improvviso non le importava più cosa avrebbe portato con sé. Una strana frenesia si impossessò di lei e dopo aver chiuso con energia la valigia volse i suoi passi verso il balcone. C’era da chiudere il rubinetto dell’acqua e l’erogatore del gas. Passando nel lungo corridoio lanciò un fugace sguardo nella camera dei figli. Pullover, camicie, jeans, scarpe, giacevano sparpagliati sulle sedie, sulla scrivania, per terra. Abbandonati in giro come se nella stanza ci fosse stata la visita dei ladri o qualche evento catastrofico che avesse costretto gli abitanti a darsi alla fuga a precipizio. Resistette all’impulso, inconscio, di entrare a sistemare. Scrollò le spalle, in fondo erano abbastanza grandi da prendersi cura delle loro cose. Così come lo erano stati quando avevano deciso di partire per conto proprio per la settimana bianca con gli amici.
Raddrizzò le spalle e con passi decisi si diresse per portare a termine le ultime incombenze. Un ultimo sguardo nello specchio del bagno le proiettò l’immagine di una donna ancora bella ed in piena forma nonostante gli anni, i figli ed i primi capelli bianchi che il suo abile parrucchiere riusciva a coprire con dei bellissimi contrasti giocati sui toni del biondo …
Inarcò il sopracciglio sinistro mentre un leggero sorriso le increspava gli angoli della bocca ancora seducente e carnosa. Poi afferrata la borsa da viaggio prese al volo il cappotto e la sciarpa e, senza dar un ultimo sguardo alla casa, chiuse decisa la porta alle sue spalle.
Non ebbe problemi ad uscire dal parcheggio, Giovanni, il portiere, vedendo la macchina uscire dai garage le aprì immediatamente il cancello.
Devo ricordarmi di fare un regalo anche a lui…magari al mio ritorno gli porterò un souvenir. Alzò l’esile mano e sorrise al portiere che dentro la guardiola la guardava con un ‘espressione che sembrava triste. Tentò di leggere il labiale : Faccia buon viaggio! Chinò la testa in cenno affermativo e con decisione ingranò la marcia. Slittarono leggermente le ruote sull’asfalto bagnato. Sorrise, un sorriso di bimba che ha appena compiuto una marachella, soddisfatta lei stessa per la sua spavalderia. Prese la via.
L’attendeva un lungo tragitto e, contrariamente a quelle che erano sempre state le sue abitudini, non riusciva a spiegarsi come mai avesse deciso di partire al tramonto.
Quante volte aveva discusso con lui che si ostinava a viaggiare di notte motivando la sua decisione col fatto che la notte le strade sono deserte e si cammina più velocemente.
Ma adesso lui non c’era, al telefono le aveva detto “Vai, se hai deciso di andare ma non aspettarti che ti seguirò”.
Aveva chiuso lo sportelletto del cellulare con una rabbia tale che stava per staccarsi. La sfida che aveva sentito nelle sue parole l’aveva imbestialita.
Osava dubitare della sua capacità di agire? Come se fosse una bimbetta che aveva ancora bisogno della balia. Pigiò sull’acceleratore mentre le nocche sbiancavano strette attorno al volante. Avrebbe dimostrato a lui ed ai figli che sapeva benissimo cavarsela da sola… Tale pensiero la proiettò immediatamente verso la meta del suo viaggio.
Quante e quante volte, da bambina prima e da adulta poi, aveva sognato una vacanza come quella che si accingeva a compiere.
Accese la radio e infilò il suo cd preferito. Le note del sassofono si diffusero nel piccolo abitacolo della sua Citroen C1 e la aiutarono a rallentare i pensieri.

Arrivò a notte inoltrata nel piccolo paese coperto di neve.
Il viaggio , fortunatamente, si era rivelato senza imprevisti.

Fermò la macchina al centro della piazzetta dove troneggiava un grandissimo abete pieno di luci e di neve…e dopo aver riindossato cappotto, sciarpa e guanti scese e si diresse verso l’unico albergo del posto che si trovava di fronte alla chiesa. In quel momento l’orologio del campanile batteva due rintocchi. Si sgranchì le gambe prima di suonare e rimase in attesa del portiere che giunse di lì a poco. Compassato, ma non tanto, da non lasciar intravedere il suo stupore per quel arrivo nel cuore della notte.

- Buona sera - salutò cortese mentre allungava il collo per vedere se per caso era in compagnia. Lei avanzò decisa verso la reception e chiese una camera per la notte.
Accertatosi che era veramente sola il portiere richiuse l’uscio e si apprestò a compiere le solite formalità dopo averle detto che era fortunata in quanto una stanza c’era ancora, ma solo per quella notte.
- Sa, gli ospiti che hanno prenotato inizieranno ad arrivare soltanto verso l’ora di pranzo . - Un debole sorriso a mo’ di assenso mentre rispondeva:

- Ho preso in affitto un cottage, su in montagna, ma non me la sento di arrivare su a quest’ora.
- Direi che è una saggia decisione – acconsentì il portiere di notte. - La strada è ghiacciata oltre che piena di curve e tornanti.
Espletate le formalità le consegnò le chiavi della camera:

- 48, terzo piano e…buon riposo.
Annuì mentre si dirigeva verso l’ascensore che si richiuse alle sue spalle dopo aver pigiato sull’apposito bottone.
La camera pulita, arredata in stile "arte povera", era abbastanza calda. Si liberò del cappotto, dei guanti e degli stivali e si buttò sul letto. Il sonno la colse subito e si addormentò così… con i vestiti indosso.

La luce del sole che penetrava attraverso gli spiragli della persiana la destarono da quel sonno. Aprì gli occhi per poi repentinamente richiuderli in preda ad un senso di disorientamento. Quello di chi è poco avvezzo a viaggiare e fatica a capire dove si trova.
Poi realizzò.
I ricordi degli ultimi giorni le si pararono davanti, impietosi. Un leggero fremito delle labbra che lei stessa bloccò dirigendosi verso il bagno. Una buona doccia, ecco cosa mi ci vuole. Sorrise all’immagine che le rimandava indietro il piccolo specchio di quel piccolo bagno d’albergo. Poi il ricordo del cottage le fece accelerare le azioni. Scese nella hall dove c’era ancora il portiere del turno di notte che nel vederla le sorrise.
- Buona giornata, Signora! La colazione è a buffet ed è già pronta – annuì avviandosi verso una piccola stanza, anch’essa arredata con lo stesso stile della camera da letto. L’odore del caffè e del latte stuzzicò il suo stomaco ricordandole che la sera prima non aveva cenato.
Finita la colazione e saldato il conto uscì all’aperto. La giornata si presentava magnifica. I primi raggi del sole rischiaravano già la piazzetta dove aveva parcheggiato. Salì e mise in moto. La macchina stentava a partire per colpa del freddo della notte. Sterzò dolcemente e puntò decisa il muso dell’auto verso la strada che l’avrebbe portata nella sua oasi silenziosa.
Procedeva a guida sostenuta sia per la strada, il cui ghiaccio iniziava a sciogliersi, sia perché affascinata dallo spettacolo che vedeva.
Meno male che aveva messo i pneumatici da neve. A dire il vero ci aveva pensato Luca, il primogenito. Forse in un momento di “rimorso”.
Le aveva chiesto le chiavi della macchina spiegandole che gli servivano proprio per portarla dal gommista, a farle sistemare le ruote, visto che andava sulla neve.
I rami degli alberi appesantiti dalla neve sembravano inchinarsi al suo passaggio. Più procedeva lungo la salita più lo spettacolo di quella bianca natura la estasiava. La vide in lontananza quella piccola casetta costruita interamente in legno, in puro stile tirolese. Il cuore sobbalzò in petto. Finalmente il suo sogno di fanciulla era lì davanti a lei. Quante volte, nei grigi e lunghi inverni cittadini aveva sognato di trovarsi in un posto come quello!
Ed ora finalmente aveva smesso di essere sogno ed era divenuto realtà…
Il suo sogno… la sua realtà.
Accelerò quel tanto per accorciare la distanza e si fermò.

Non seppe dire, in seguito, se, tra lo spegnersi del motore e l’aprirsi dell’uscio, ci fosse stato o meno un lasso di tempo o tutto fosse avvenuto contemporaneamente. L’unica cosa certa era che lì, davanti alla porta c’erano loro…

Notte indiana 2006


Le fiamme del fuoco, al centro del grande campo indiano, si alzavano alte nel cielo. Lingue di fiamme e scintille e lapilli scoppiettavano conferendo un tono di allegria in quella fredda notte invernale.Seduti a cerchio il piccolo popolo dai volti rossi (il fuoco riscaldava veramente il sangue), le gambe incrociate, fumavano assorti passandosi di mano in mano il calumet. Grigia Nuvola è talmente perso nei suoi pensieri da dimenticarselo in bocca . Trasale percependo il contatto del suo braccio con quello del fratello che gli siede accanto.Allora, come tornando da un mondo che ai più non è dato conoscere, punta gli occhi sgranati in faccia al compagno che con la mano tesa attende il segno tangibile della pace. Sorride e gli porge il calumet accompagnandolo con queste parole:
- "La mia mente ha percorso le grandi valli dove risuonano le voci dei nostri padri. Voci che pochi odono e molti ignorano. Rincorrevo un capriolo che, impaurito tentava di nascondersi convinto che volessero fargli del male. Mi sono avvicinato a lui e senza nemmeno toccarlo gli ho fatto sentire tutto il mio amore. Pensavo che fosse sufficiente questo ma, ahimé, mi sbagliavo! Mi si rivoltò contro e non ci crederai..lo so... ma mi morse la mano. Ecco..guarda anche tu..."
Così dicendo fa vedere la mano dove delle gocce di sangue scorrono lungo il palmo.Istintivamente il compagno si ritrae guardando sbigottito l'arto...
- "Questa è la prova che quel che dico è vero" - continuò con voce pacata l'anziano Sioux stringendosi ancor meglio il mantello della pelle d'orso intorno al corpo che aveva iniziato a sussultare. Il compagno non riusciva a proferir parola. Non un grido ruppe il silenzio del campo mentre si alzava e senza nulla proferire si avvicinava al vecchio. Solo quando fu all'altezza del suo orecchio gli bisbigliò:
- "Lo so...ero lì con te... guarda" - e sorrise scoprendo i denti dove sul biancore dello smalto brillava una goccia rosso sangue...