Monday, March 15, 2010

Nel paese degli specchi


Chissà perché è solo la sera, in quei minuti che precedono l'abbraccio morfeale, che ci si ritrova a far i conti con altri pensieri, altre realtà. Pensieri che nel 90% dei casi sono sempre scomodi, ingombranti, pesanti.
E così Elisa prende coscienza che quel mondo se l'era immaginato. Frutto solo del suo idealismo stantio. Idealismo finito in qualche discarica abusiva e per tale motivo  mai divenuto realtà.
Eppure non si rassegna. Accettare questa verità è come rinnegare la sua persona. Non è tipo da subire passivamente abusi e sorprusi. Ed è convintissima che lei vive proprio in quella maniera e che gli uomini siano come lei pensa. E' talmente fiduciosa nella sincerità di chi le sta attorno che se le dicessero che gli asini volano, ebbene, sì, lei ci crederebbe.
Si gira e si rigira nel letto mentre la mente le proietta su un maxi schermo immagini di violenza, di devastazione, di morte, di sangue, di fango...
Sangue... Fango.
Cade giù come pioggia:  sui tetti,  sui muri, lava le strade. Ristagna negli acquitrini o si riversa nei fiumi e ricolora  il mare...
Sangue... Fango:  biologico...  verbale.
Non sa cosa le fa più raccapriccio. Se quelle bocche che sputano fango o le ferite dei morti che non si cicatrizzano.
E' ancora presto per prendere sonno. Una sottile e indecifrabile smania la pervade. Da qualche parte una voce le bisbiglia che deve fare qualcosa. Che c'è molto lavoro da fare e che solo gli inetti , gli indolenti, dicono che le cose sono così e devono continuare ad andare così. Le bisbiglia la voce che quelle immagini non sono proiezioni mentali ma la sola e vera realtà nella quale lei si trova a vivere ogni giorno.
Come sunnambola brancola nel buio della camera da letto poi si convince che non è quella l'ora adatta. Staranno tutti dormendo. Inutile chiamare, inutile cercare, è l'ora del riposo. Il break dalla giornata lavorativa li avrà fatti sprofondare tutti con la testa sul cuscino.
Ma lei deve sapere. Deve avere la certezza di quale sia la realtà.
Sfila la camicia da notte.
Jeans, pullover più largo di due misure, scarpe da trekking ai piedi, giubbotto di piume d'oca e sciarpa ed eccola in strada.
Le luci dei lampioni proiettano la loro ombra che si allunga sul marciapiede. Una macchina arriva, rallenta alla sua altezza, prosegue fermandosi al semaforo. Non ha mai capito l'utilità di un semaforo funzionante la notte. Magari capita che di giorno sia spento. Torna indietro, prende dal fondo della borsa le chiavi della macchina. (Ci avete mai fatto caso, e lo chiedo alle donne questo, che quando andate in giro con una borsa grande riuscite a trovare le cose solo dopo averla svuotata completamente?). Reputa buona l'idea di muoversi con l'autovettura piuttosto che a piedi. Non sa dove deve andare ma sa che deve. Si lascia guidare dall'istinto. In lontananza sente il suono delle sirene dell'autoambulanza. C'è sempre qualcuno che sta male la notte e si domanda se è un giovane o un vecchio. Decide di dirigersi verso il vicino ospedale...
... to be continued

1 comment:

keishia said...

Paripapum... eccomi quà ;)un sorriso per te...Francy